Dalla sofistica alla retorica, dalla teologia all’ideologia, dalla propaganda al populismo, la metamorfosi della dialettica politica sembra essere precipitata nella sindrome del cavillo.
I sintomi sono evidenti negli escamotage ai quali quotidianamente i politici ricorrono per spostare l’attenzione, mimetizzare, rinviare, ingarbugliare, creare cortine fumogene su decisioni e valutazioni che richiedono assunzioni di responsabilità, preparazione, rispetto di impegni istituzionali.
Fra tutti gli esempi degli ultimi incredibili anni di politica e di governo, spicca in particolare il super, e bisogna riconoscere nel suo genere assolutamente geniale, escamotage del tunnel sotto lo Stretto di Messina.
Un monumentale e astutissimo trompe l’oeil politico di grande impatto ambientale e meridionale, che ha innescato una infinità di commenti e di prese di posizione, ma che non ha assolutamente nessuna, dicesi nessuna, possibilità di realizzazione.
Per tutta una serie di insolubili e rischiosissimi impedimenti sismici e tecnici, che in sintesi riguardano l’altissima sismicità dell’area e l’irrealizzabilità dell’alta velocità ferroviaria in Sicilia.
Lo Stretto di Messina insiste infatti su un’area geosismica nella quale si intersecano i sommovimenti sotto la crosta terrestre di almeno quattro dei vulcani considerati fra i più attivi e pericolosi del mondo come l’Etna, il Vesuvio, lo Stromboli e Vulcano. Sommovimenti della crosta terrestre che provocano ciclicamente terremoti e maremoti devastanti.
Il tracciato borbonico delle ferrovie in Sicilia, che si snodano prevalentemente lungo le coste e attraversano i centri abitati, impedisce ai treni una velocità media massima superiore ai 70 Km orari. A meno che non si realizzino nuovi tracciati e si scavino altre gallerie. Con costi e tempi imprevedibili.
L’unico vero effetto dell’escamotage del tunnel sotto lo Stretto di Messina è che, dopo più di mezzo secolo di progetti, preventivi, investimenti e miliardi sprecati, non si parla più del Ponte.
Sparito. Dissolto. Come l’ incubo incombente di un’opera ingombrante, che nessuno rimpiange.