L’autunno della legislatura lascia intravedere svolte e reazioni a catena in tutte le forze politiche. Lo stress test della crisi di Ferragosto sta terremotando simbiosi ritenute inossidabili e intese collaudate.
A cominciare dai binomi Giorgetti Salvini e Di Maio Casaleggio. Ma è l’intero scenario politico ad evidenziare una mutazione genetica in pieno svolgimento.
Lo snodo più immediato delle convulsioni politiche in atto è rappresentato da quanto dirà il Premier Giuseppe Conte in Parlamento. Scontato che punterà il dito contro Salvini, fino a che punto lo accuserà? Tirerà in ballo dossier scottanti o si limiterà ai retroscena dei contrasti del Viminale con Palazzo Chigi e gli altri ministeri?
L’analisi delle prospettive politiche di leader e partiti presenta un quadro schematico già delineato:
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Cinque Stelle
L’idea di Beppe Grillo e Davide Casaleggio è quella di trasformare la crisi in una opportunità. La possibilità cioè di cambiare pagina, di fare tesoro di esperienze ed errori e di ripartire da dove era iniziata la legislatura, dalla trattativa col Pd. Per il Movimento potrebbe costituire l’ultima chance per recuperare i molti consensi perduti e risintonizzarsi con la base. In altre parole l’ultima chance per la sopravvivenza con un ruolo parlamentare non residuale.
Un Governo col Pd consentirebbe ai grillini di valorizzare al massimo il Presidente della Camera Roberto Fico, un leader rimasto per così dire “incontaminato” e per questo apprezzato dalla base e dall’opinione pubblica. Un Governo Fico potrebbe effettuare inoltre un ricambio istituzionale di esponenti del Movimento più vasto di quanto non possano fare gli alleati. Ricambio facilitato dai ministeri che dovranno essere sicuramente ceduti: infrastrutture, difesa, sud, giustizia, salute. Più travagliata la soluzione del passo indietro che dovrebbe essere richiesto a Luigi Di Maio. Se non altro perché lascerebbe liberi ben tre ministeri: sviluppo economico, lavoro e telecomunicazioni. Pronta invece, in caso di probabile mancato reincarico, l’eventuale ricollocazione di Conte al Ministero degli Esteri.
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Lega
Fa veramente impressione leggere i ripetuti distinguo di Giancarlo Giorgetti. Più che in chiave di tentativo di leadership a futura memoria, si ha la sensazione che Giorgetti abbia visto nel futuro leghista e ne sia rimasto sconvolto. Da sola comunque non basta più la motivazione della genesi della crisi, con la fuga in avanti dei 5 Stelle e di Forza Italia per l’elezione di Ursula von der Leyen e Davide Sassoli al vertice della Commissione e del Parlamento Europei. Autogol o boomerang, Matteo Salvini rischia di rimanere isolato in una situazione di impotenza politica ed esposto al fuoco lento dei veleni e delle iniziative degli avversari. Anche se i sondaggi continueranno a segnare una crescita di consensi per la Lega, lo shock dell’uscita dal governo può segnare, ironia della sorte, l’inizio di una sindrome renziana, cioè di declino dopo il grande successo alle elezioni europee.
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PD
La via d’uscita dal labirinto delle spinte e controspinte interne del Partito Democratico probabilmente vedrebbe concordi sia Freud che Jung. L’implosione del governo giallo verde ha regalato al Segretario Nicola Zingaretti un ritorno al ruolo di baricentro della politica. Un vantaggio di posizione che il Pd tuttavia stenta ancora a gestire nel migliore dei modi: tentare di formare un esecutivo di alto profilo per mettere in sicurezza il Paese. La tentazione infatti è quella di andare alle elezioni e regolare i conti interni con la spina nel fianco rappresentata da Matteo Renzi. Una tentazione persistente che prevede anche l’escamotage di addossare ai 5 Stelle la responsabilità del mancato accordo. E invece è l’occasione per un ricambio generazionale e l’utilizzazione di preziose esperienze essenziale per Governo e Istituzioni.
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Fratelli d’Italia
Le contorsioni della crisi hanno chiarito a Giorgia Meloni che in ogni caso sarebbe preferibile presentarsi da soli alle elezioni. Mai come in questi frangenti, sostiene la leader di Fratelli d’Italia, la coerenza e i distinguo della destra possono rappresentare un sicuro punto di riferimento per i moderati. Senza contare che l’amministrazione di Roma e la Presidenza della Regione Lazio, occupata da Zingaretti, sono in bilico e possono costituire un trampolino di lancio per la stessa Meloni o dei candidati di FdI.
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Forza Italia
Titoli di coda o meno, per Silvio Berlusconi la crisi innescata da Salvini rappresenta una tappa decisiva e probabilmente politicamente un capolinea. Dissanguata dagli scissionisti di Giovanni Toti, quel che resta di Forza Italia potrebbe essere tentata di dare una mano in maniera palese o surrettizia all’enclave parlamentare renziana dell’ eventuale nuova maggioranza 5 Stelle Pd sinistra. Scenari comunque in dissolvenza che lasciano prefigurare un esodo dei restanti parlamentari del Berlusconi party nelle file più accoglienti di Fratelli d’Italia o in quelle meno agevoli della Lega.