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Se Dio c’é interloquiamo se non c’é lasciamolo in pace

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Rubrica di critica recensioni anticipazioni

I cardini del pensiero Socrate Buddha Confucio Gesù

by Augusto Cavadi

Per parlare di Dio, del bene e del male, bisogna partire da lontano. La maggior parte degli esseri umani preferisce distrarsi dallo spettacolo onnipresente del male: del male “morale” (come i filosofi traducono la nozione teologica di “peccato” o di “colpa”), del male “psichico” (che avvertiamo in misura proporzionale alla nostra sensibilità emotiva) e del male “fisico” (le innumerevoli varianti della sofferenza che condividiamo con la totalità degli altri esseri animali).

La strategia, più o meno consapevole, è facilmente sintetizzabile in una massima: “Sino a che non tocca a me, o a qualche persona a me cara, meglio non farci caso”.Se Dio c'é interloquiamo se non c'é lasciamolo in pace

Alcuni umani esercitano violenza provocando ferite, anche mortali? Altri umani sono macerati dal lutto o dall’ansia o dalla depressione? Altri ancora trovano tregua temporanea agli spasmi corporei solo grazie a potenti farmaci antidolorifici?

Pazienza! La ruota gira e tutto ciò che possiamo è sperare che il nostro turno non arrivi mai, o almeno arrivi il più tardi possibile.

Forse questo atteggiamento generalizzato di auto-difesa mediante l’evitamento dello sguardo su chi sperimenta il “male”, e ancor più del contatto soccorrevole nei suoi confronti, potrebbe spiegare il dato statistico per cui, man mano che cresce la nostra capacità di proteggerci mediante isolamento, diminuisce la nostra capacità di assaporare stati gioiosi e talora perfino di riconoscere un senso al nostro esistere.

L’anestesia si rivela un’arma a doppio taglio per gli individui come per i popoli: azzera le incognite, dunque le relazioni impegnative e faticose, ma altrettanto i rapporti sorprendentemente arricchenti.

Quelle minoranza di esseri umani che non adottano la strategia dello struzzo davanti alla rosa dei “mali” (e alla morte che ne è cifra e suggello) lungo la storia sembrano distribuirsi in tre categorie principali.

La prima viene inquietata, come il Giobbe della Bibbia ebraica, dall’incompatibilità fra la fede in un Dio onnipotente e giusto, da una parte, e il mare di sofferenze di ogni genere che l’evoluzione biologica stessa comporta inevitabilmente, anche per le persone pie e gli innocenti, dall’altra parte.

E’ una categoria che rispetto quando non si accontenta di soluzioni semplicistiche ma arriva a configurarsi, come in Elie Wiesel o John K. Roth, in una “teologia della protesta” verso l’Altissimo. Quando arriva, con Qohelet (4, 2-3), ad avvertire la tentazione di considerare i morti più felici dei vivi e “più felice degli uni e degli altri chi ancora non è e non ha visto le azioni malvage che si commettono sotto il sole”: tentazione che non è provata “prima o poi nella propria vita” da chi, lungi dall’essere “più pio degli altri”, è “forse soltanto più sordo al lamento del mondo” (Paolo De Benedetti).

Anche la seconda categoria attrae il mio ammirato rispetto: comprende gli uomini e le donne che, con Jacques Monod, escludono ogni Principio divino e ritengono che le vicende dell’universo – come le vicende microscopiche del genere umano al suo interno – sono perfettamente spiegabili come intreccio di “caso e necessità”.Se Dio c'é interloquiamo se non c'é lasciamolo in pace

Dalla deflagrazione delle stelle alla nascita di bambini deformi, dai terremoti che sconquassano i continenti ai fulmini che inceneriscono la casupola isolata nel bosco, tutto avviene senza un disegno, senza un progetto, senza una regolarità. Che un masso si stacchi da una montagna è un evento naturale e tale resta sia che scivoli a valle senza fare danni sia che travolga e uccida un’anziana a passeggio col suo cagnolino. Non hanno nessuno da maledire proprio perché non hanno nessuno da benedire, da adorare, da ringraziare.

Molta perplessità – anzi, dico sinceramente: nessuna stima intellettuale – provo per una terza categoria di umani che, per difetto di riflessione critica, assumono un atteggiamento illogico.

Solitamente è gente che pensa e vive come se non fosse ipotizzabile nessun Dio (né alcun altro Equivalente funzionale del Divino); ma, puntualmente, ogni volta che constata un disastro – specie se non imputabile né direttamente né indirettamente ad altri esseri umani – grida allo scandalo. “No, questo cancro non è giusto…” “No, questa morte precoce è assurda…” “No, quell’incidente non doveva capitare a una persona buona come lei…”. A me risulta un atteggiamento umanamente comprensibile, ma teoreticamente contraddittorio.Se Dio c'é interloquiamo se non c'é lasciamolo in pace

Come ha scritto, fra gli altri, Paul Ricoeur – nel breve saggio Il male. Una sfida alla filosofia e alla teologia (Morcelliana, Brescia 2003) – “la sofferenza non è uno scandalo se non per colui che comprende Dio come origine di tutto ciò che è buono nella creazione, compresa l’indignazione contro il male, il coraggio di sopportarlo e lo slancio di simpatia verso le sue vittime” (pp. 53 – 54). Chi crede in una qualche forma di Divinità può supplicarla, criticarla, bestemmiarla. Può perfino sperare che lo spettacolo spaventoso della storia sia solo un film dell’orrore al termine del quale scopriremo che la vera vita, per fortuna, ha le sue bellezze.

Non l’ateo che voglia essere lucidamente coerente. Egli sa che la Natura non merita né l’accusa di essere “maligna” né la lode di essere “benigna”. E’ così come è, e basta. Come raccomandavano  gli Stoici, il saggio “laico” non teme né spera. Se un bimbo nasce gravemente malato, ciò non è più “assurdo” che se nasce sano e vispo: o è  “logico” tutto (malattia e salute, vita e morte), come pensava Spinoza,  o non lo è niente, come ha sostenuto Sartre.

E’ infantile misconoscere Dio come Causa del “bene” e chiamarlo in gioco – per contestarlo – quando si cerca una Causa del “male”. Non vedo che due posture da adulti davanti all’enigma straziante del male: o il rabbino credente (“Ti dovrò rendere conto di tanti errori, ma Tu, Dio, di molti di più”) o il pensatore ateo (“La tua unica scusa per i disastri del mondo, o Dio, è che non esisti”).Se Dio c'é interloquiamo se non c'é lasciamolo in pace

www.augustocavadi.com

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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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