Cuore & Batticuore
Rubrica settimanale di posta. Storie di vita e vicende vissute 
by Maggie S. Lorelli
Nella comunicazione social, è meglio cedere alla vergogna o affrontare la gogna?
Mi capita a volte di esprimere sui social network, quelli in cui ancora ha dimora la parola, i miei pensieri più intimi, sottoponendomi volontariamente al giudizio collettivo, tacito, implacabile e temuto al pari di quello divino.
Ma lo psicopotere del consenso, il Dio moderno, inibisce, censura e condanna i moti spontanei dell’animo con l’occulta ignavia, ovvero l’assenza di assenso: ingenuità che viene espiata con l’omologazione al codice comunicativo dominante. Ma poi mi capita di leggere lunghi post di contatti, come mi tocca chiamare i surrogati umani, che con grande autenticità raccontano momenti della loro esistenza privata, talvolta dolorosi, e questo genera in me un senso di vicinanza e di commozione, talvolta.
Li ringrazio, la sincerità è roba da eroi in quest’epoca. La nostra vita migra sempre più verso una dimensione social, ma da tempo noto che ci si spoglia, nel passaggio, dell’espressione emotiva, quella che fa di una persona un’entità integra, in favore di una comunicazione asettica e anaffettiva, cioè monca. Trovo che questo sia pericoloso, e che possa portare a lungo andare sempre più al consolidamento di un vero e proprio tabù emotivo, con ricadute nella già languente empatia sociale.
Eppure la vita mi para sempre davanti persone che non parlano la lingua delle emozioni. Sono gli analfabeti emotivi o alessitimici, secondo un recente costrutto psicologico. Non condanno chi si esprime in modo non affettivo (il termine è inteso in senso etimologico di “mosso a sentimento”, coinvolto nello spirito), rispetto la sua storia e le sue modalità comunicative, ma credo sia giusto non perseverare nella volontà di far capire la mia lingua a chi non l’ha potuta imparare.

È frustrante, e d’altra parte sarebbe castrante adeguarsi all’afasia apatica. Vivo di parole, e avverto il rischio che le stiamo perdendo, svuotandole di vita. Sovvertendo la locuzione di Terenzio “Nulla che sia umano mi è estraneo”, ritengo che un umano possa essere totalmente alieno a un altro umano, non meno di un rettile.
Continuerò dunque ad aspettare e sperare di incontrare i miei simili, quei pochi che si riescono a scovare, e ringrazio chi ha il coraggio di parlare il linguaggio del cuore, perché mi fa sentire meno sola e ancora, a tratti, umana.
Non è un caso che il coraggio sia la virtù del cuore. Gli altri, si sa, li ho chiamati automi.
Non so Dio, ma che io me ne guardi.
Come rileva la sensibilità artistica della scrittrice e musicista Maggie S. Lorelli, emozioni, anaffettività e realtà virtuali centrifugano sempre più spesso le esistenze. Per l’autore di aforismi Fabrizio Caramagna “anche dopo l’avvento di internet, gli strumenti magici per abolire le distanze di spazio e di tempo, non sono le chat, le note vocali o i social: sono le emozioni.”
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Maggie S. Lorelli, dopo la laurea in Lettere all’Università degli Studi di Torino, si laurea in Pianoforte al Conservatorio “G. Verdi” di Torino e in Didattica della Musica al Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma. Dopo un’ esperienza decennale alla Feltrinelli ha collaborato come autrice con Radio 3 Rai e Radio Vaticana e condotto programmi musicali. Ha svolto un tirocinio come giornalista presso l’agenzia di stampa Adnkronos, scrive per varie riviste musicali specializzate, ha al suo attivo numerosi racconti e “Automi”, il suo romanzo d’esordio. Attualmente è docente di Pianoforte al Liceo musicale.