La Corte d’Asssise di Palermo: la trattativa accelerò la strage Borsellino
Motivazioni sconvolgenti ed emblematiche, depositate nel giorno del 26° anniversario della strage di via D’Amelio.
Il passaggio chiave delle oltre 5,200 pagine della sentenza del processo sulla trattativa Stato mafia è perentorio: “Non vi è dubbio che quell’invito al dialogo pervenuto dai carabinieri attraverso Vito Ciancimino costituisca un sicuro elemento di novità che può avere certamente determinato l’effetto della accelerazione dell’omicidio Borsellino, con le finalità di approfittare di quel segnale di debolezza proveniente da istituzioni dello Stato”.
Parole agghiaccianti che sintetizzano, secondo la Corte d’assise di Palermo, il motivo che portò i boss ad accelerare l’omicidio del giudice Paolo Borsellino.
“Non vi è dubbio” – scrivono i giudici – “che i contatti, unitamente al verificarsi di accadimenti, quali l’avvicendamento di quel Ministro dell’Interno che si era particolarmente speso nell’azione di contrasto alle mafie, in assenza di plausibili pubbliche spiegazioni, che potevano ugualmente essere percepiti come ulteriori segnali di cedimento dello Stato, “ben potevano essere percepiti da Salvatore Riina già come forieri di sviluppi positivi per l’organizzazione mafiosa nella misura in cui quegli ufficiali lo avevano sollecitato ad avanzare richieste cui condizionare la cessazione della strategia di attacco frontale allo Stato”.
- STRAGI 1992
“Il cedimento dello Stato, di fatto iniziato dopo le stragi del 1992 per iniziativa di alcuni suoi esponenti e ancora più evidenziatosi dopo le stragi del 1993, sarebbe divenuto inarrestabile per l’impossibilità di fronteggiare quell’escalation criminale, senza pari nella storia del Paese, in un momento di forte fragilità delle istituzioni” si legge ancora in uno dei passaggi della sentenza del processo Stato-mafia.
- APPALTI
Inoltre, “può ritenersi certo che il dottor Borsellino nel periodo compreso tra la strage di Capaci e la sua morte si sia occupato del rapporto ‘Mafia e appalti’. Tuttavia, non vi è alcun elemento di prova che possa collegare tale evenienza alla improvvisa accelerazione che ebbe l’esecuzione del dottor Borsellino, se si tiene conto che nessuno spunto idoneo a collegare tra la vicenda ‘Mafia e appalti’ con la morte del dottor Borsellino è possibile trarre dalle dichiarazioni dei tanti collaboratori di giustizia esaminati a cui la vicenda era ben nota”. Il rapporto ‘Mafia e appalti’, realizzato dal Ros dei carabinieri, aveva puntato l’attenzione sulla spartizione delle opere in Sicilia secondo un rigido schema a tre: mafia, politica e imprese.
- LA CORTE D’ASSISE
“il processo Stato-mafia – scrivono i magistrati – ha assegnato a questa Corte un incarico arduo e pressoché titanico, perché i fatti sottesi alla principale fattispecie criminosa specificamente contestata, l’articolo 338 del Codice penale, hanno spesso reso necessaria la ricostruzione di vicende complesse e mai del tutto chiarite che hanno riguardato la storia repubblicana in un arco temporale compreso tra la metà degli anni sessanta e i giorni nostri”.
Il 20 aprile 2018 a conclusione del processo, la Corte di Assise presieduta da Alfredo Montalto, ha condannato a pene comprese tra 8 e 28 anni di carcere per la cosiddetta trattativa gli ex vertici del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, l’ex senatore Marcello Dell’Utri, Massimo Ciancimino e i boss Leoluca Bagarella e Nino Cinà. Assolto dall’accusa di falsa testimonianza l’ex Ministro dell’interno Nicola Mancino.
Fonte: AdnKronos