Anche se flebile, incerta e temporanea, la speranza della pace sta attenuando la tragedia della guerra in Ucraina. Per 36 ore dalle 12 del 6 gennaio alla mezzanotte del 7 gennaio le armi dovrebbero tacere.
E’ singolare che lo abbia deciso unilateralmente Vladimir Putin, il protagonista dell’invasione scatenata dalla Russia contro l’Ucraina. Il presidente russo ha ordinato al ministro della Difesa, Serghei Shoigu, di disporre una tregua con un cessate il fuoco lungo tutta la linea dei fronti in Ucraina, in coincidenza – evidenzia un comunicato del Cremlino – con le celebrazioni del Natale ortodosso.

Nel gioco delle parti del regime, era stato il Patriarca di Mosca Kirill a lanciare un appello per una tregua natalizia in modo che “gli ortodossi possano assistere alle funzioni della vigilia di Natale e del giorno della Natività di Cristo”.
Appello subito raccolto da Putin. Come se il Patriarca moscovita si potesse permettere iniziative tali senza il consenso, o meglio l’imbeccata, del Cremlino.

In attesa di una riposta ufficiale, Kiev ha inizialmente bollato la richiesta del primate e la tregua decisa da Putin come “una trappola cinica e propagandistica”.
Ma è evidente dietro le cortine fumogene dei proclami bellici e dei bombardamenti contro le infrastrutture e la popolazione civile ucraina, qualcosa si sta muovendo a Mosca.
Da una parte le trattative avviate dal Presidente turco Erdogan con Putin e Zelensky, dall’altra lo shock della strage di centinaia di reclute russe decimate dalla controffensiva missilistica di Kiev contro Makiivka, a 60 km da Bakhmut, epicentro degli scontri più accesi, stanno accentuando al Cremlino il confronto fra oltranzisti e trattativisti.
