Simile agli effetti della caduta di un grande meteorite sul pianeta Pd, le dimissioni del Segretario Nicola Zingaretti sono in ogni caso destinate a provocare mutazioni e sconvolgimenti degli assetti della politica e delle istituzioni ben oltre il perimetro del Partito democratico.
A meno che non si tratti di dimissioni contropiede per fare venire allo scoperto avversari e critici interni.
Tuttavia, come viene osservato al Nazareno e dintorni, le dimissioni del Segretario comportano automaticamente la cessazione del ruolo di consigliere intervistato anche di Goffredo Bettini, maître à penser del vertice del Pd e circostanza inedita anche dell’ex Premier Giuseppe Conte, almeno fino a quando era a Palazzo Chigi.

Segretario dall’inizio del 2019, 55 anni, e contemporaneamente Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti è stato l’interprete dell’ala riformista degli eredi del Pci.
Le sue dimissioni evidenziano anche in questo senso la rottura degli equilibri interni del Pd, e palesano un probabile ritorno di fiamma della ex sinistra Dc, che assieme ai post comunisti fondò nel 2007 il Pd.
Secondo le critiche mosse a Zingaretti le dimissioni sono state determinate da un lunga serie di contraccolpi: l’accondiscendenza nei confronti di Conte, il sistematico scavalcamento da parte di Renzi, la disastrosa gestione del fantomatico governo Conte ter, ed infine le scelte dei Ministri e dei sottosegretari del Governo Draghi, con l’esclusione senza alcuna motivazione da parte del Nazareno delle delle donne Pd protagoniste di primissimo piano e l’inspiegabile perdita di posizioni di partito in dicasteri chiave, come l’Interno e la Salute.

Un palmares di insuccessi che hanno oscurato le affermazioni conseguite da Zingaretti nei mesi successivi alla nomina a segretario, con le nette vittorie del Pd alle europee e alle regionali.
Gli attacchi concentrici da parte del fronte delle donne e poi delle varie correnti, attacchi ai quali non sono seguite adeguate prese di posizione a favore del segretario, hanno spinto Zingaretti a scrivere sul suo profilo Facebook: “Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie” e ad annunciare le dimissioni che, a meno di una sortita a sorpresa, aprono vari scenari all’interno del Pd e della stessa ampia maggioranza di governo.
Intanto perché, come gli effetti del meteorite preistorico nei confronti dei dinosauri, la fine della segreteria Zingaretti potrebbe rappresentare anche l’epilogo dell’alleanza con Conte e i grillini. In secondo luogo perché l’apertura della successione al vertice del Nazareno comporta modifica degli equilibri interni che dovranno essere ratificati da un congresso sempre più delicato e determinante.
Equilibri che potrebbero far mutare gli assetti del governo e delineare nuovi scenari riguardanti le candidature alle elezioni di Roma, Torino, Napoli e Bologna, nonché alle politiche e soprattutto per la scadenza del settennato del Presidente Sergio Mattarella.
Scenari nell’ambito dei quali il baricentro del Pd rimane tuttavia essenziale.
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Fondatore e Direttore di zerozeronews.it
Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Rai Palermo e Tg1