Pensare a Venezia in gennaio, città di arte e di acqua, ponti e lagune, incanti e riflessi magici, vento e cristalli di ghiaccio, come meta di cammino per un trekking insolito tra barene e calli è quanto meno insolito.
E’ accaduto ad un gruppo di allegri camminatori di Librotrekking – una realtà che coniuga sport, natura e cultura – con il privilegio di grandi passi, grandi occhi e grandi letture ispirate ai posti che si guardano.
Si parte con sole limpido e vento che sa di mare ed è già un esordio fantastico.
E si apre una Venezia insolita dietro gli splendori conosciuti di Piazza San Marco, Ponte di Rialto e Canal Grande, Cannaregio ed una dimora antica gentilizia del 1500 diventata una locanda semplice, raffinata e accogliente.
Campo Santo Stefano in una sera non troppo affollata è il palcoscenico di un teatro speciale.
E si arriva alla Venezia di Casanova, genio poliedrico e multiforme, non solo ladro di cuori e di sospiri femminili, alla Venezia licenziosa in grado di offrire ai mercanti orientali schei, tramonti sui canali e piaceri carnali conditi da ironie e consapevolezze antiche.
La sera affonda in un mare di delizie di gola tra baccalà mantecato, sarde in saor – per non offendere la tradizione – e lasagne ai polipetti per non tralasciare l’innovazione, nuotando in un bianco frizzante e profumato.
Ma il cuore del cammino, tra una pagina e l’altra delle “Città invisibili” di Italo Calvino, si snoda tra Murano, Burano e Torcello.
Primo trekking in barena: quella sorta di vegetazione bassa, vagamente melmosa e piena di fascino e di rugiada, teatro di mille pesciolini in piccoli laghi improvvisi e cento uccelli diversi.
Torcello regala un’emozione originale.
Venezia, nata dopo Torcello, diventa risaia, pianura, nebbiolina sospesa, sole giallino, piante mai viste e ciuffi d’erba come spugne. La Cattedrale bizantina di Santa Maria Assunta (A.D.639) e il Campanile restano testimonianze di splendori e fasti tramontati e vissuti da poche decine di residenti.
Burano è un murale sospeso nell’acqua.
Ponti di legno, panni che svolazzano al sole e colori vivi e personalizzati – dai ciclamino di porpora fino ai verdi fluorescenti – che caratterizzano le casette come presepi psichedelici.
La tradizione e la leggenda tramandano esigenze di praticità: i pescatori rientrando dal mare pieni di nebbia e di stanchezza scegliendo il colore più vivido per la propria casa ne assaporavano la dolcezza del ritorno già dalla barca scorgendola in lontananza.
Oggi le casette colorate costituiscono un’attrazione almeno quanto i merletti notissimi, ammirati soprattutto per le doti immense di pazienza che anima chi li realizza.
Murano è ancora una gara di specchi, vetri di forme insolite e murrine, copiatissime ma irripetibili.
Il sole se ne va assaporando cibi kosher.
E resta un ultimo cammino che nasce tra i palazzi senza splendori del ghetto ebraico e si snoda dal Campo dei quattro Mori fino si giardini della Biennale in cui si ergono le sculture delle mani che si incontrano e rivelano sentimenti nate dalla fantasia di Lorenzo QuinnSono quasi 35 chilometri di passi pieni di emozioni e atmosfere di una Venezia non svelata nonostante i turisti, le gondole e i piccioni: una vecchia signora decadente che offre ancora lampi di fascino e romanticismo.
Da un tramonto incredibilmente rosa rubato alla corsa del treno sulla strada del ritorno, nasce la stessa sensazione che ha rapito Kozlowski “….E quando lasciamo Venezia scopriamo che i nostri orologi hanno problemi a tornare di nuovo al tempo reale.”
Senior Osint and Media Analyst. Ha praticato il mondo delle investigazioni e dell’intelligence. Appassionata di mare cani rock e figlia non necessariamente in quest’ordine.