Da Fidel Castro a Maradona, dal subcomandante Marcos a Pietro Mennea a Massimo Troisi e a molti altri personaggi di primo piano, le interviste di Gianni Minà sono entrate nella storia della televisione.

Ma a ricordare per sempre che i giornalisti si dividono essenzialmente in due categorie: quelli che esplorano la cronaca e gli avvenimenti alla ricerca della verità dei fatti per raccontarla fedelmente e gli impiegati del catasto mediatico, resterà l’esempio della domanda sui desaparecidos rivolta da Minà al dittatore argentino Jorge Videla durante i mondiali di calcio del 1978: ”E’ vero che qui scompaiono le persone?”. Un’intervista che pose fine alla sua trasferta al mondiale perché gli “consigliarono” di lasciare l’Argentina.

Da Tutto Sport alla Rai, l’istantanea che attesta lo spessore da fuoriclasse di Gianni Minà, é la fotografia con Muhammad Ali, Sergio Leone, Robert De Niro e Gabriel Garcìa Màrquez, tutti a cena insieme con lui a Roma.
Unica, oltre che storica, l’intervista a Fidel Castro durata ben sedici ore, dalle due di pomeriggio alle cinque del mattino successivo, alla fine degli anni Ottanta.
Il suo testamento professionale è rappresentato da alcune frasi estrapolate da una recente testimonianza autobiografica: “Il giornalismo per me ha significato la vita stessa, la passione che ho vissuto fino in fondo”;
“Eravamo un ponte fra i fatti e la gente. All’inizio ho pensato che i social portassero più democrazia, ora sono pessimista. Il buon giornalismo di approfondimento vivrà nell’incrocio fra il metodo del vecchio mestiere e le nuove forme di comunicazione”.
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Fondatore e Direttore di zerozeronews.it
Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Rai Palermo e Tg1