Anticipazioni: Infarto addioScoperto un gene che protegge il cuore da infarti e malattie. Si tratta di una variante genetica individuata negli abitanti di un villaggio dell’isola di Creta. Una variante genetica che protegge cuore e vasi sanguigni, nonostante una dieta ricca di grassi animali.
Pubblicato su Nature Communications, lo studio dimostra l’importanza di guardare all’intero genoma per comprendere meglio l’architettura genetica di una popolazione. Si è arrivati alla scoperta scientifica tracciando la mappa del Dna delle 250 persone che vivono isolate nel villaggio di Mylopotamos. Un nucleo di persone caratterizzato da una lunga vita, immune da malanni nonostante la dieta appesantita da grassi animali.L’analisi del Dna di questa popolazione ha permesso di scoprire la variante di un gene, chiamata RS145556679 che riduce il rischio di malattie cardiovascolari. Finora una variante simile era stata individuata in una singola persona in Toscana e nella comunità degli Amish negli Stati Uniti. Per i ricercatori studiando le popolazioni che vivono isolate si può avere una visione unica di rare varianti genetiche che svolgono un ruolo importante nelle complesse malattie umane.
Attenzione ai cervelli cannibali Dormire poco alla lunga può costare molto caro. Se la privazione del sonno diventa cronica, il cervello comincia a distruggere e a digerire le proprie cellule danneggiate. In altre parole, inizia a mangiare se stesso. Una sorta di cannibalismo che nasce dal bisogno di difendersi e che sulle prime ha effetti benefici, come eliminare i detriti tossici e ripristinare i circuiti neurologici logorati, ma che nel tempo rischia di aumentare il pericolo di ammalarsi di Alzheimer o di altri disturbi neurologici.
Il cannibalismo del cervello è stato scientificamente provato da Michele Bellesi dell’Università Politecnica delle Marche e consentirà di intervenire farmacologicamente o preventivamente per scongiurare l’Alzhemer e le altre forme di neuro degenerazione.
Guerra fredda in sala parto Nelle cliniche ostetriche è in corso una battaglia medico scientifica di notevole portata. A scatenare la guerra fra ostetrici è il Lotus Birth, una particolare modalità di nascita ancora poco nota e diffusa, in base alla quale il cordone ombelicale del neonato non viene reciso subito dopo il parto. Si attende cioè che il codione ombelicale e la placenta ad esso attaccata, si stacchino da soli.
Alla base c’è la convinzione che la placenta sia tutt’uno con il bebè, in quanto per 9 mesi lo ha nutrito, ossigenato, protetto. Sperimentato trent’anni fa dall’australiana Shivam Rachana, ma chiamato col nome dell’infermiera californiana che lo ha richiesto per la prima volta nel 1974 per la nascita di suo figlio, il Lotus birth prevede che la separazione dal corpo materno avvenga in modo graduale, evitando lo stress dei primi atti respiratori e consentendo al bambino una nascita dolce, con benefici sia fisici che psichici.Nettamente contraria invece la Società italiana di neonatologia che boccia il Lotus Birth per molteplici ragioni che riguardano la salute di mamma e bambino ma anche per altri spetti normativi e legali. Se non altro, sostiene la Sin, perché la placenta non può essere portata al di fuori dall’ospedale in quanto rifiuto speciale che, come tale, va smaltito secondo la normativa vigente.