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Anziani e vaccini della speranza e della disuguaglianza

by Maggie S. Lorelli

I vaccini sono vicini. Ma quali rischi per gli anziani? La pandemia da Covid-19 si sta rivelando un moltiplicatore di disuguaglianze, a scapito soprattutto delle fasce più deboli della popolazione. Tra queste ci sono gli anziani, che rappresentano i soggetti maggiormente a rischio.Anziani e vaccini della speranza e della disuguaglianza

Un urlo senza voce che arriva dai reparti di geriatria, dalle case di riposo e dalle Rsa di tutta Italia. Durante la prima ondata pandemica si è parlato di “strage silenziosa”: da Nord a Sud, il bollettino del coronavirus continuava a crescere esponenzialmente, registrando un boom di decessi soprattutto presso la popolazione anziana. E se i dati dell’Iss parlavano di 9/10mila morti nella prima ondata, nella seconda, nonostante il sistema sanitario abbia imparato a reggere meglio l’urto e il fattore numerico dei decessi sia in calo, l’età media dei deceduti in Italia positivi al Coronavirus è di 80 anni.Anziani e vaccini della speranza e della disuguaglianza

“L’invecchiamento della popolazione e la cronicità sono una questione da affrontare, urgentemente e con spirito nuovo e solidale – spiega Sara Palermo – ricercatrice in neuroscienze sperimentali, esperta di neuropsicologia, psicologia biologica e psicofisiologia dell’Università degli Studi di Torino e vicedirettrice della rivista scientifica internazionale “Frontiers in Psychology-Neuropsychology”.

Anziani e vaccini della speranza e della disuguaglianza
Sara Palermo

“ La vecchiaia non è una malattia. L’invecchiamento è solo la rappresentazione del tempo biologico che passa. Lo vita di ciascuno di noi – continua Sara Palermo-  si iscrive contemporaneamente in un tempo biologico, un tempo cronologico e in un tempo della mente. Ma la vita si svolge nel presente. Rimanere sé stessi, pur non rimanendo uguali è la sfida”.Anziani e vaccini della speranza e della disuguaglianza

Occorre ripensare all’idea di salute e di invecchiamento?

Direi che è necessario. Bisogna elaborare una nuova idea di salute. Salus utis significa salvezza, integrità, ossia “uno stato di benessere fisico e di armonico equilibrio psichico dell’organismo umano”, come ci ricorda un ottimo geriatria come il Professor Isaia, autore del saggio “Invecchiare senza invecchiare”.

Qual è la condizione più problematica dell’invecchiamento?

Sicuramente la fragilità, con importanti conseguenze per la salute pubblica e la pratica clinica. Si tratta di una sindrome geriatrica che consiste in uno stato di maggiore vulnerabilità ai fattori di stress attribuito ad una minore riserva omeostatica dovuta ad un mutamento fisiologico multisistemico legato all’età. Persone con più di 60 anni, e soprattutto con più di 80 anni, sono particolarmente vulnerabili a infezioni gravi o fatali.

Quale può essere la risposta degli anziani al vaccino anti-Covid?

La disregolazione del sistema immunitario correlata all’età negli anziani (cioè, immunosenescenza e infiammazione) può tradursi in risposte più scarse alla vaccinazione rispetto al resto della popolazione. La fragilità fisica è un indicatore di salute efficace e in precedenza ha dimostrato di prevedere la risposta al vaccino contro l’influenza stagionale. Questi risultati suggeriscono che la valutazione della fragilità negli anziani può identificare coloro che hanno meno probabilità di rispondere all’immunizzazione ed essere a più alto rischio di Covid-19 e delle sue complicanze. Inoltre, la fragilità cognitiva e i disturbi neurocognitivi, la salute mentale e la ridotta consapevolezza della malattia hanno un impatto negativo sull’aderenza a regimi farmacologici complessi tra i pazienti anziani. Considerato quanto sopra, suggerisco l’importanza di considerare l’invecchiamento nel pensare alla futura vaccinazione e trattamento di Covid-19, concentrandosi sul possibile impatto della fragilità fisica e cognitiva.Anziani e vaccini della speranza e della disuguaglianza

Perché gli anziani sono meno sensibili alla prevenzione della vaccinazione?

Probabilmente a causa dell’effetto combinato di immunosenescenza e infiammazione. Entrambi sono associati alla fragilità, tuttavia l’impatto della fragilità sull’efficacia del vaccino è incerto. È stata suggerita un’efficacia ipoteticamente inferiore tra gli anziani fragili vaccinati, come dimostrato dall’aumento dei tassi di mortalità per tutte le cause con uno stato funzionale sempre più compromesso. L’efficacia del vaccino sembra essere notevolmente distintiva tra i livelli di fragilità. È risultato essere ottimale tra gli anziani robusti, inferiore tra i soggetti pre-frail e fragili e non riconoscibile nei soggetti più fragili. Questi risultati suggeriscono l’importanza di tenere conto della fragilità quando si valuta l’impatto dei vaccini antinfluenzali.

Su quali parametri dovrebbero fondarsi i vaccini per gli anziani?

Principalmente sull’efficacia, ossia sulla capacità di conferire protezione contro una specifica infezione e in generale di migliorare la salute evitando altre malattie correlate. Per migliorare entrambi i parametri, è necessario comprendere meglio l’invecchiamento. Per questo ho pensato di scrivere un perspective article su questi temi nell’ambito della “Prevenzione collettiva e sanità pubblica”, ossia quelle attività e le prestazioni volte a tutelare la salute e la sicurezza della comunità da rischi infettivi, ambientali, legati alle condizioni di lavoro, correlati agli stili di vita. Infatti, già in quei primi frangenti della pandemia, era chiaro che non solo terapia ed interventi di sicurezza erano necessari ma anche lo sviluppo di un vaccino specifico. Vaccino che deve andare incontro alle esigenze degli individui lungo tutto l’arco di vita.

Anziani e vaccini della speranza e della disuguaglianza
(Foto Wall Street Journal)

Fattori in gioco nella formulazione di nuovi vaccini?

La ricerca di formulazioni di nuovi vaccini dovrebbe considerare i fattori intrinseci (secondari all’invecchiamento puro) ed estrinseci che influenzano il deterioramento della risposta immunitaria. La comprensione dei contributi di questi fattori può rivelare i meccanismi che portano al progressivo declino della competenza immunitaria all’avanzare dell’età e identificare l”immunobiografia” di ciascuno di noi. I percorsi di ricerca e sviluppo più promettenti dovrebbero prevedere: un approccio psicogeriatrico multidimensionale; la valorizzazione dei cluster di invecchiamento che consentirebbero di sviluppare vaccini secondo il fenotipo geriatrico, facilitando la riduzione dell’infiammazione e migliorando la risposta al vaccino; l’integrazione di dati geriatrici, immunologici, clinici e biomolecolari.

Ci sono altri aspetti da considerare nella somministrazione dei vaccini agli anziani?

Senza dubbiio gioca un ruolo fondamentale il fattore psicologico. Farsi vaccinare è il risultato di una complessa serie di comportamenti, che dipendono da un sistema di pensieri e credenze, condizionamenti, esperienze passate, possibilità socioeconomiche, informazioni a disposizione. Questo complesso sistema ad incastro è vulnerabile alle malattie mentali e ai disturbi neuropsicologici. Non bisogna solo persuadere le persone che il vaccino è efficace e sicuro, bisogna persuaderle a farsi vaccinare. Sono necessarie strategie di ingaggio basate sulla comunicazione e collaborazione, sul riconoscimento del valore insostituibile del medico e degli operatori sanitari, sul coinvolgimento dei giusti influencer. E, soprattutto, su una nuova volontà politica.Anziani e vaccini della speranza e della disuguaglianza

 

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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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