Anatomia di un collasso e dei rischi di colpi di virus, mutazione genetica istituzionale di un Paese alla perenne ricerca di stabilità politica e democrazia.
“I colpi di stato non si fanno soltanto con i carri armati”. Sono passati più di 40 anni da quando un giovane, ma già saggio esponente politico pronunciò questa frase sibillina in uno dei momenti più tragici, e purtroppo ancora senza verità e giustizia, della storia della Repubblica: il groviglio dei delitti di Aldo Moro e di Piersanti Mattarella.
Pur con tutte le storiche differenze di situazioni e soprattutto di spessore dei protagonisti, il flash back fa riaffiorare brividi e sgomento mai dimenticati di allora per gli intrecci palesi e occulti dell’emergenza sanitaria e la situazione politico economica e parlamentare che sta attraversando il Paese.
Anche se è evidente che non c’è, e non vi potrà assolutamente mai essere alcun golpe istituzionale latente, mimetizzato da colpo di virus, se non altro per il massimo livello di garanzia costituzionale assicurato personalmente al Quirinale dal Presidente della Repubblica, il vortice delle difficoltà e delle scelte sempre più delicate, essenziali e urgenti rischia di destabilizzare i già precari equilibri politico istituzionali del Governo.
Alle sabbie mobili dei rapporti internazionali con Stati Uniti, Cina e Russia si aggiunge infatti il piano fortemente inclinato in cui l’Italia si trova nei confronti dell’Europa e il marasma politico e burocratico che sta determinando una ingovernabilità di fatto.
La radiografia del quadro generale evidenzia tutti i tentativi di giustificare un definitivo via libera al G5 cinese e ai rapporti con Mosca, nonché la propensione dell’attuale Governo ad instaurare contemporaneamente correlazioni paritarie con Washington, Pechino e il Cremlino.
Il piano inclinato con l’Europa espone l’Italia ad una situazione di crescente difficoltà, aggravandone i rischi di collasso economico. Oltre che per l’enorme debito pubblico, bisogna riconoscere che l’Italia è svantaggiata in Europa soprattutto per la mancanza di un Governo autorevole e con credibilità internazionale e per la conseguente assenza di una concreta prospettiva di riforme.
Sul fronte ancora più drammatico dell’emergenza coronavirus, il Paese è sostanzialmente sospeso nel vuoto. Il timore sempre più grande è che, nel frattempo, Palazzo Chigi e gli stormi di task force che attraversano i cieli di Roma, non riescano a programmare una exit strategy dal covid-19.
Il retroscena in progress più oscuro, per molti versi inquietante, e sul quale si stanno addensando vari interrogativi, riguarda la ricostruzione: chi la guiderà e con quali criteri deciderà e distribuirà le diverse migliaia di miliardi destinate a industrie ( quali ?) settori produttivi (come?) aziende e enti pubblici ( perché?) Regioni, Comuni, enti locali ( con quali garanzie di utilizzazione e rendicontazione?) .
Come scongiurare l’avvitamento ? L’ultima picconata, che rappresenta in realtà una risposta, giunge da un nuovo protagonista destinato a incidere sugli assetti politico economici, il neo presidente designato di Confindustria.

Quest’Italia non ci piace, la politica non sa guidare il Paese, ha detto in sostanza Carlo Bonomi. Sembra di riascoltare Giovanni Amendola e Piero Gobetti.
Continuare in queste condizioni non rappresenta dunque oggettivamente un involontario, ma sostanziale, Colpo di virus?
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Fondatore e Direttore di zerozeronews.it
Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Rai Palermo e Tg1