La realtà rischia di travolgere anche le buone intenzioni. La condanna per pedofilia del Cardinale australiano George Pell, ex tesoriere della Santa Sede e stretto collaboratore di Bergoglio, brucia mediaticamente, e non solo, buona parte della terribile confessione pubblica delle più nefande violenze nei confronti di minori perpetrate da sacerdoti e prelati.
Il 77enne Porporato é stato riconosciuto colpevole di aver stuprato un ragazzino e averne molestato un altro negli anni Novanta. Una condanna sconvolgente che lambisce il Soglio di Pietro.
All’indomani della conclusione del coraggioso summit mondiale sulla pedofilia nella Chiesa convocato in Vaticano da Papa Francesco, l’epilogo del processo al Cardinale Pell impone una ulteriore accelerazione sulla strada del motu proprio che il Pontefice si accinge a emanare per sdradicare il mostro della pedofilia e per introdurre sistematiche verifiche psicologiche, sanitarie e attitudinali nei seminari, nei conventi e nelle strutture vaticane e diocesane.
Dallo stretto riserbo della Curia vaticana trapela soltanto che le vincolanti e immediatamente operative decisioni che Papa Francesco sta per rendere pubbliche col perentorio motu proprio si rifaranno alle conclusioni dell’inedita autonalisi del summit sulla pedofilia.
Una raccapricciante full immersion di 4 giorni di catarsi nell’inferno della pedofilia da parte della Chiesa universale per farle riconquistare carisma e capacità di elaborazione profetica, ha affermato con determinazione Bergoglio.