Velocità della morte
La morte è simile alle fiamme che inceneriscono un campo di erba secca. Le fiamme, esattamente come scrittori, poeti, filosofi e mistici hanno da sempre descritto e immaginato il trapasso dell’uomo.
Esistenza e fine dell’esistenza. Nascita e morte. Paradossalmente il concetto della morte è strettamente connesso a quello della vita. Non c’è religione, cultura, filosofia, evoluzione storica che non abbia tentato di dare una spiegazione metafisica all’impulso vitale e contemporaneamente al mistero della morte e chiarirne il significato in rapporto all’esistenza dell’uomo.
Dopo millenni di evoluzione culturale e scientifica i ricercatori della Stanford University in California, sono riusciti a misurare per la prima volta la velocità con la quale la morte avanza: due millimetri allora per ogni cellula giunta allo stadio terminale.
Il team di ricerca è riuscito a dimostrare che la morte avanza proprio come un incendio che si propaga su un campo di erba secca: piuttosto che diffondersi lentamente, infatti, viaggia velocemente, diffondendo il segnale biochimico di autodistruzione come un’onda trigger, traducibile in italiano con onda scatenante, la stessa che trasmette gli impulsi nervosi.
“Se conosciamo la velocità con cui le cellule muoiono, o più precisamente, il modo in cui muoiono, possiamo fare cose incredibili per malattie come il cancro o l’Alzheimer”, hanno spiegato gli autori della ricerca, Xianrui Cheng e James Ferrell, al quotidiano inglese ‘The Guardian’.
“Finora si sapeva che una volta che la morte cellulare è iniziata, il processo si diffonde rapidamente all’interno delle singole cellule, ma nessuno aveva ancora studiato in che modo si diffondesse”, spiega il biologo Ferrell.
Nessuno lo dice, ma tutti sperano che la scoperta della velocità non solo arresti, ma inverta la progressione e lo sprint della morte.
Argomento tragico al quale nel 1950 dedicò dei celebri versi il poeta Cesare Pavese, che nello stesso anno si tolse la vita:
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.