Renzi riparte da Renzi. Secondo gli ortodossi del Nazareno-pensiero, alla Direzione Nazionale di venerdi 24 il Premier azzererà la segreteria e si cimenterà nell’ illustrazione della resurrezione programmata del Pd e del Governo.
Due i concetti base della dialettica che il Presidente del Consiglio dovrebbe utilizzare. Il primo riguarda un concetto espresso da Malcom Forbes, editore e direttore dell’omonima rivista internazionale di economia e finanza: “La sconfitta può precedere un successo, se traiamo una lezione da esso”.
Il secondo probabile concetto renziano è consequenziale e si rifà alla citazione di una frase del poeta e saggista statunitense George Edward Woodberry : “la sconfitta non è il peggior fallimento. Non aver tentato è il peggior fallimento”.
Matteo Renzi ammetterà la sconfitta netta e senza attenuanti subita a Torino e Roma contro le candidate del M5S e rivendicherà l’affermazione chiara e forte conseguita a Milano e Bologna contro i candidati delle Destre.
“Il quadro nazionale – affermerà il Segretario-Premier – è molto articolato. Perdiamo alcuni Comuni dove abbiamo governato a lungo e vinciamo in altri Comuni dove da vent’anni la destra era maggioranza. La Lombardia – sottolinierà Renzi – vede per la prima volta tutti i Comuni capoluogo ormai a guida PD. Vinciamo da Varese a Caserta, in zone per noi difficili. Ma resta l’amaro in bocca per alcune sconfitte molto dure, da Novara a Trieste.”
Le fibrillazioni del dopo ballottaggi attraversano trasversalmente soprattutto i gruppi parlamentari del Pd.
Oltre all’ assetto del partito il confronto riguarda la mina del referendum. A focalizzare l’attenzione sui rischi è la lettera riservata che il deputato e costituzionalista Giuseppe Lauricella ha inviato a tutti i parlamentari del Pd. Lettera che attraverso varie testimonianze abbiamo potuto ricostruire nelle parti essenziali:
“Cari Colleghi,
Utilizzo questo strumento per mantenere la discussione al nostro interno e per poter porre una questione, atteso che non avrei altre sedi per farlo rivolgendomi a tutti voi….. La sensazione è che – non importa, a questo punto, a causa di chi – tutti si stiano concentrando per battere (o abbattere) Matteo Renzi, al di là del merito della riforma costituzionale………
L’obiettivo è la caduta del governo Renzi. È l’obiettivo, perché Renzi lo ha posto come effetto della mancata approvazione della riforma a seguito del referendum costituzionale. Per molti è divenuto proprio per questo – il trofeo da conquistare……
Ho ritenuto e ritengo serio e coerente che Renzi abbia posto quale condizione della sua permanenza al governo la modifica della Costituzione. Ma tale posizione ha innescato la “mina” del tutti contro uno, cioè contro Renzi. Con la conseguenza che chi vuole colpire Renzi è pronto a sacrificare la riforma, pur se ritenuta un’occasione di profondo cambiamento. Ma dovendo scegliere tra cambiare Renzi e cambiare la Costituzione, preferiscono scegliere la prima possibilità.
Sono anch’io convinto – come ha detto Renzi – che l’elettore non guarda più i 5S come un pericolo tout court, ma come un’alternativa di governo. Ciò li rende ancor più competitivi o, se vogliamo, più “pericolosi” elettoralmente……
Di contro, non condivido l’analisi secondo la quale alle elezioni il cambiamento lo hanno rappresentato i 5stelle, mentre al referendum sarebbe rappresentato dalla riforma. Per cui, chi vuole il cambiamento ha votato M5S alle amministrative e voterà a favore della riforma con il referendum. Vero in teoria ma non nella sostanza politica, la quale pone ormai un’alternativa: con Renzi o contro Renzi. Se poi vogliamo accontarcela come ci fa piacere, convinceremo – forse – noi stessi senza cambiare il tema del voto, pro o contro il governo Renzi……
Allora, mi chiedo, fino a che punto siamo disposti a tenere innescata la mina, sapendo che in tal modo rischiamo due volte, la riforma e il governo Renzi? Mi chiedo fino a che punto siamo disposti a rinunciare al principio per sostenere la riforma? Mi chiedo, quindi, se non sia più ragionevole disinnescare la mina, facendo venir meno il motivo che induce anche parte di chi vorrebbe la riforma a votare “no” al Referendum, perché posto di fronte ad una alternativa “politica”. Renzi, proprio in nome della riforma, dovrebbe cambiare verso e dichiarare che non si dimetterà, comunque e in ogni caso. Lo ritengo l’unico modo per riportare il dibattito referendario nel merito e liberare il voto referendario dalla “occasione” di far cadere Renzi”.
Giuseppe Lauricella