A 27 anni dal muro di Berlino inizia a sgretolarsi la Grande Muraglia cinese
Lo scacco matto in tre mosse alla Cina rischia di trasformarsi solo apparentemente in un boomerang. A differenza della sfida dello scudo spaziale che mandò in frantumi l’Unione Sovietica, il metodo Reagan, cioè la continua e progressiva impennata dei livelli di confronto militare, scientifico, economico e finanziario, attuata consapevolmente o meno da Stati Uniti ed Europa nei confronti di Pechino, potrà innescare una reazione economica a catena dagli esiti alla lunga positivi.
Secondo le regole, per dare scacco in tre mosse all’avversario non basta fare in modo che effettui un’apertura azzardata, ma bisogna conquistare in diagonale una posizione strategica che non gli lasci scampo.
E con la Cina è andata pressappoco così: prima la si è indotta a lanciarsi in enormi investimenti per riarmo, conquista dello spazio, Olimpiadi, iper-tecnologia, urbanizzazioni selvagge, mega infrastrutture, colossali acquisizioni finanziarie internazionali.
Poi si è cavalcato lo tsunami dei prestiti subprime e l’improvvis0 chock del trend consumistico globale, il dilagare della recessione e dell’austerity che, a cascata, hanno fatto imballare il sistema economico cinese programmato per uno sviluppo esponenziale. Il corto circuito economico – finanziario ha così determinato il progressivo ridimensionamento delle esportazioni e innescato contraccolpi incontrollabili.
Da locomotiva del Pianeta, in poco meno di sei mesi la Cina si è ritrovata ad essere classificata come la zavorra mondiale dello sviluppo.
Un buco nero macro economico quello dell’ex Celeste Impero reso ancora più vorticoso dal crollo del prezzo del petrolio e dall’implosione del modello vetero comunista, irreversibilmente contagiato dal consumismo.
Paradossalmente la mossa diagonale che tiene in scacco la nomenklatura cinese è quella della massima apertura dell’Occidente a Pechino.
Lo scacco matto scaturisce dalla comparazione diretta che i cinesi hanno avuto modo di constatare tra democrazia liberale e regime, tra internet e censura, diritti civili e campi di concentramento, fast food e carestie, inquinamento e tutela dell’ambiente. Confronto che propone termini di paragone talmente inconciliabili e insopprimibili da non consentire agli eredi di Mao alcuna via di fuga, alcun ricorso al nazionalismo della Rivoluzione culturale.
Secondo gli analisti per mantenere sotto controllo l’effetto domino dell’implosione dell’attuale, e in ogni caso insostenibile, sistema economico della Cina basterà comunque la prospettiva reale, come si è verificato per l’est europeo, degli enormi ritorni economici dell’apertura agli investitori e ai mercati mondiali delle risorse e delle infrastrutture dell’immenso territorio di quella che viene sempre più considerata l’ex Repubblica popolare cinese.