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Rubrica di critica recensioni e anticipazioni
by Augusto Cavadi
Il 20 giugno Eugen Drewermann compie ottant’anni. E’ uno degli autori tedeschi più prolifici e più tradotti nel mondo, celebre per il suo titanico tentativo di coniugare la teologia con la psicoanalisi come nei volumi Psicologia del profondo e esegesi, Psicanalisi e teologia morale, Il vangelo di Marco. Immagini di redenzione, (tradotti in italiano dalla editrice Queriniana).

Questa operazione intellettuale ha incontrato le riserve, talora anche severe, da parte sia di teologi (preoccupati di una lettura riduttiva del messaggio cristiano) che di psicoanalisti (gelosi della propria scienza che temono di veder utilizzata come una sorta di nuova ancilla theologiae): ma ciò non ha certo scoraggiato milioni di lettori dal lasciarsi provocare da un linguaggio evocativo, poetico, spiazzante.
Dopo aver ricevuto il divieto di insegnare teologia cattolica e successivamente di presiedere le celebrazioni eucaristiche come presbitero, nel 2005 Drewermann ha infine pubblicamente dichiarato di uscire dalla Chiesa cattolica.
Questa decisione, per quanto dolorosa, ha contribuito a fare chiarezza: che le si apprezzino o meno, le affermazioni di Drewermann non possono essere considerate ufficialmente consone al Magistero ecclesiale. Ma, ciò chiarito senza ombra di dubbio, possono essere ignorate come irrilevanti dagli studiosi di psicologia e di teologia?
Trascurarle sarebbe, a mio avviso, un errore madornale: non invitava Paolo Apostolo a vagliare bene tutte le idee per trattenere le valide e far cadere le altre (I Tess. 5, 21)?
Egli infatti è inspirato da una passione sincera, profonda, sia per l’approccio psicoterapeutico (a cui chiede di andare sempre più nel profondo, sino a indagare l’anima) sia per la Bibbia (in cui rintraccia una preziosa riserva di motivazioni esistenziali per affrontare l’angoscia che proviamo davanti al rischio dell’irrilevanza e alla certezza della morte). 
E anche quando, come nel famigerato volume Funzionari di Dio. Psicogramma di un ideale (tradotto in italiano dalle edizioni Raetia), avanza delle critiche davvero radicali al sistema di reclutamento e di formazione dei chierici, dei religiosi e delle suore, non si concede neppure un solo attacco ad personam: da prete e da psicoterapeuta, è infatti convinto – alla scuola di Freud ma anche di Gesù – che bisogna astenersi dal condannare i singoli soggetti e, quando è il caso, stigmatizzare quegli aspetti delle strutture istituzionali (famiglia, scuola, chiesa, esercito, partito, sindacato…) che ne mortificano la dignità, l’autonomia e la fioritura.
Per il suo ottantesimo genetliaco, dunque, nessuno – e forse ancor meno egli stesso – chiede ‘riabilitazioni’ e patenti di ortodossia. Ma, con queste poche righe, sarebbe bello che egli ricevesse un segno di stima e di gratitudine per quanto ha voluto donare all’umanità con i pregi e i difetti di ogni opera umana.
Come ripeteva Tommaso d’Aquino sulla scia di Aristotele, dobbiamo essere grati a quanti ci hanno preceduto nella via della ricerca sia per quanto hanno affermato di vero sia perché, con i loro stessi eventuali errori, ci hanno evitato di ripeterli.

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Giornalista pubblicista, Filosofo. Fondatore della Scuola di formazione etico-politica Giovanni Falcone di Palermo