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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
By Augusto Cavadi
Sulle stragi mafiose del ’92 gli adulti sanno molto: o perché trent’anni fa le hanno vissute in diretta o perché sono stati informati in questi mesi da una pubblicistica straripante. Ma i bambini che hanno dieci o dodici anni? Per loro si tratta di avvenimenti lontani nel tempo, un po’ come per la mia generazione era la lotta partigiana contro il regime nazi-fascista.
Dobbiamo dunque essere grati a Irene De Piccoli, veneziana, che – con la collaborazione di due illustratori esperti, Tiziana Longo e Vincenzo Sanapo – ha dato alle stampe il volumetto Falcone e Borsellino. Eroi che non muoiono mai, Buk Buk, Trapani 2022, pp. 79, euro 9,90.
Il registro è, ovviamente, narrativo, come si addice a lettori così giovani e prende il volo da una targa, effettivamente esistente, davanti al commissariato di P.S. di Muggia, cittadina in provincia di Trieste, dedicata al concittadino Eddie Walter Max Cosina.
A notarla è una ragazzina dodicenne, Giada, che chiede a un signore in divisa di poliziotto lumi sul personaggio celebrato. Così apprende che si tratta di uno degli agenti di scorta del giudice Paolo Borsellino, caduto nell’attentato del 19 luglio 1992. A cerchi centrifughi, la narrazione si amplia alla vita dei giudici antimafia, alla storia della mafia, alle alterne vicende dell’antimafia da allora ad oggi. L’autrice persegue – come scrive in Prefazione lo storico Francesco Fait- “un riuscito equilibrio tra la cronaca documentata e drammaticamente avvincente delle vicende di mafia e il racconto spensierato della giornata di una famiglia in vacanza”.
Un racconto letterario non è un saggio scientifico e qualche approssimazione concettuale è dunque scusabile. Forse, in una seconda (auspicabile) edizione, alcuni ritocchi renderebbero ancor più precise certe osservazioni sociologiche: per esempio, dove si legge che “l’omertà è una condotta riprovevole, diffusa e radicata nel territorio della mafia”, sarebbe opportuno inserire un “soprattutto” poiché le cronache attestano ad abundantiam che l’omertà, purtroppo, la si ritrova anche in territori storicamente estranei alla criminalità organizzata. O, là dove si legge che “nel ‘tradimento’ dei pentiti corre una vena di coraggio e di coscienza”, sarebbe opportuno aggiungere un “in alcuni casi” perché in altri, in molti altri, essi agiscono per motivi prettamente utilitaristici e, nell’intimo, non maturano nessuna autentica volontà di “cambiare radicalmente il loro modo di vivere”.
Nel complesso il testo ha tutti i titoli per di stimolare nei giovani lettori ciò che, in una sua pagina introduttiva, auspica Silvia Stener, una nipote del poliziotto Cosina: il coraggio di “voler sapere, di pensare e di agire da persone libere, perché non esistono eroi ma solo uomini e donne che fanno il proprio dovere”.