Ghiacci, baie, mari rossi di sangue.
Come ogni anno la stagione delle stragi di balene, foche e delfini trasforma le rotte e le banchise polari in orribili scenari di morte.
Impossibile guardare fino in fondo le strazianti immagini dei cuccioli di foca massacrati e scuoiati sui ghiacci.
Impressionante l’allineamento delle balene e dei delfini scannati nelle baie delle isole danesi Far Oer e dell’arcipelago giapponese di Taiji.
Da incubo lo squartamento delle balene sulle navi-fattoria al largo dell’islanda.
Altro che storico Moby Dik o mostruoso capodoglio del recente film “In the Heart of the Sea” :gli assassini più feroci di tutti i mari sono i cacciatori di balene e i macellai di foche e delfini.
“Secondo alcune leggende, il mare è la dimora di tutto ciò che abbiamo perduto, di quello che non abbiamo avuto, dei desideri infranti, dei dolori, delle lacrime che abbiamo versato.” Scriveva il mistico contemporaneo Osho, che ha dedicato la vita al risveglio della consapevolezza. Leggende, soltanto leggende.
“Il mare è un antico idioma che non riesco a decifrare” intuiva Jorge Luis Borges.
Ed infatti scorrendo i bilanci degli annuali massacri di centinaia di migliaia di cetacei si percepisce che l’essenza di ciò che negli ultimi decenni l’uomo ha smarrito nei mari é l’umanità, il senso dell’equilibrio della natura, il rispetto per gli animali.