Nella clessidra della crisi annunciata la sabbia corre veloce. Time out fra il 7 e il 10 gennaio 2021.
Nella surreale verifica fra il Premier Conte e i partiti della maggioranza, una verifica che ha assunto le caratteristiche delle consultazioni delle crisi politiche in pieno svolgimento, sono stati certificati e messi nero su bianco gli ostacoli che impediscono di fatto la coesione della maggioranza e sostanzialmente fanno venir meno la fiducia nei confronti del Premier.
A parte l’evanescenza attendista dei 5Stelle, le posizioni del Pd e dei renziani sono coincidenti nei tre punti centrali del confronto dei leader e dei partiti con Giuseppe Conte: recovery plan condiviso, accesso al Mes sanitario, conferimento della delega per l’intelligence a un sottosegretario.
In attesa dell’approvazione della legge di bilancio e delle risposte di Conte alle richieste di Pd e Italia Viva, nei palazzi delle istituzioni non è passata inosservata la freudiana frase con la quale il Ministro delle Politiche agricole ha replicato a Conte, che nel corso del breve e apparentemente cordiale, ancorché imbarazzato, incontro a Palazzo Chigi con i renziani, ha alluso all’ ”anomalia” che sarebbe rappresentata dalla nascita di Italia Viva successivamente al giuramento dei ministri del suo secondo governo.

“La vera anomalia è avere lo stesso premier in due governi con opposte maggioranze politiche” é il senso della tranchant risposta di Teresa Bellanova.
Valutazione che lascia intravedere scenari diversi dal successo dell’eventuale reincarico a Giuseppe Conte per formare il cosiddetto Governo del rimpasto e presentarsi in Parlamento per la fiducia.
Scenari che includono il ricorrente Governo della ricostruzione presieduto da Mario Draghi o dal Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Con una ipotetica variabile politica riguardante Luigi Di Maio.
Esecutivo di garanzia, di messa in sicurezza dei conti pubblici e di riforme, più volte sollecitato anche dagli ambienti economici e internazionali.

Al Nazareno e alla Farnesina ritengono che comunque il Presidente del Consiglio non si rassegnerà e che potrebbe ricorrere al dibattito parlamentare per spezzettare l’accerchiamento politico e interrompere lo stillicidio della crisi incipiente.
Una mossa che nella rovente estate del Papete consentì all’abilità strategica e dialettica di Giuseppe Conte di ribaltare la sfida delle plateali dimissioni da vice Premier e Ministro dell’Interno Matteo Salvini e del ritiro della fiducia della Lega.

La notevole e sostanziale differenza rispetto all’agosto del 2019 è che il Pd e Italia Viva, o comunque il solo Matteo Renzi, non sono Salvini, hanno un know-how politico che risale alla Dc di De Gasperi, Moro, De Mita e Andreotti, del Psi di Craxi e della sinistra post berlingueriana di Dalema e Veltroni.
In più Renzi sfoggia un’oratoria convincente, ironica e trascinante e dopo la rovinosa esperienza della sconfitta al referendum costituzionale ha imparato a meditare e preparare con cura mosse e contromosse.
È incontrovertibile infatti che il Governo Conte bis, retto da una maggioranza 5 Stelle, Pd, renziani e sinistra sia stato concepito e reso possibile Renzi.
Affrontare con dati di fatto, in un dibattito parlamentare sulla fiducia al governo, Matteo Renzi al Senato e la capogruppo alla Camera di Italia Viva, Maria Elena Boschi, non è affatto la stessa cosa che confrontarsi con Salvini a Palazzo Madama e col capogruppo della Lega a Montecitorio, Riccardo Molinari. Con l’aggiunta dei molti distinguo al limite delle accuse che, come per il recente dibattito parlamentare sul Mes, verrebbero espressi dagli esponenti del Pd e in particolare dai capogruppo alla Camera e al Senato Graziano del Rio e Andrea Marcucci.
Prevale insomma la considerazione che l’accelerazione in direzione della crisi sia stata determinata dalla svolta dell’elezione di Joe Biden alla Presidenza degli Stati Uniti.
L’impressione è che Matteo Renzi abbia intuito che l’effetto domino avrebbe determinato la nascita di un governo di assoluta lealtà atlantica, oltre che di ricostruzione e di garanzia, con una maggioranza allargata, spacca centrodestra.
Un governo che potrebbe consentire all’ex Premier e segretario del Pd di riappacificarsi, rientrando da figliol prodigo al Nazareno e sperare di essere concretamente candidato nel 2022 alla successione del Segretario Generale della Nato, Stoltemberg. Un incarico di grande incidenza internazionale, che a 50 anni dallo storico precedente di Manlio Brosio toccherebbe all’Italia.
