La guerra del grano
Sulle tavole degli italiani e nelle campagne del nostro Paese é in corso una guerra invisibile che prima ancora di scoppiare ufficialmente, assicurano gli oncologi, sta già mietendo da decenni moltissime vittime.
Farine, pane, pasta, cioè almeno il 50% dell’alimentazione degli italiani, sarebbero avvelenate dal diserbante sistemico fitotossico glyphosate classificato come cancerogeno dalla IARC, Agency for Research on Cancer, l’Agenzia per la Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Sulla indiscriminata utilizzazione del micidiale erbicida glyphosate si fonda infatti tutta l’enorme capacità produttiva della varietà di grano duro canadese “Manitoba” che sta monopolizzando i mercati mondiali e rovinando letteralmente le produzioni italiane qualitativamente molto superiori, e sanitariamente garantite (per saperne di più clicca QUI).
Che fare? come controllare e prevenire? Sull’allarme lanciato da sanitari, organizzazioni agricole, associazioni di consumatori e sulla situazione agricola complessiva abbiamo intervistato il Presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, on. Nicodemo Nazareno Oliverio, del Pd
- Dal 20 agosto sono scattate nel nostro Paese le restrizioni per l’uso del diserbante glyphosate utilizzato massicciamente dai produttori di grano nord americani e sospettato di essere cancerogeno, e non solo. Le organizzazioni agricole hanno sollecitato misure precauzionali per l’ingresso in Italia di grano canadese e nord americano per garantire la sicurezza dei consumatori. E i produttori di grano duro, in particolare della Puglia, della Sicilia e della Basilicata, hanno creato l’associazione GranoSalus per effettuare analisi chimiche su tutti i tipi di pasta, pane, biscotti ecc. e rendere noti sulla rete i risultati di tali analisi. Cosa sta facendo la Commissione Agricoltura?
“Stiamo già facendo pressioni sul Governo. La Commissione Agricoltura ha all’esame numerose risoluzioni sulle iniziative per la tutela del settore del grano duro. A breve, completate le audizioni con i massimi esperti del settore, adotteremo un atto di indirizzo al Governo che potrà, tra l’altro, fornire precise indicazioni anche su questo argomento. In Italia abbiamo il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4%). Questo a tutela della salute dei consumatori.
Tutela che deve valere anche per le produzioni straniere. Sappiamo che l’Italia è la nazione leader mondiale per le politiche rivolte alla sicurezza alimentare ed ambientale. Ma registriamo più di una falla nella tutela dei cittadini dai prodotti agroalimentari di importazione. Così accade che gli italiani continueranno a mangiare la pasta prodotta con il grano canadese. Ma questo grano continuerà ad arrivare legalmente nei nostri piatti con il glifosato.
Per questo è urgente adottare misure precauzionali sull’ingresso in Italia di prodotti stranieri, provenienti da Usa e Canada, realtà dove viene fatto un uso intensivo del glyphosate proprio nella fase precedente la raccolta. Questo serve ad accelerare la maturazione del grano e quindi la mietitura”
- Nonostante le eccellenze delle produzioni il grano italiano è al limite della sopravvivenza. E’ una crisi determinata da speculazioni, mancati controlli o carenza di sostegno?
“L’emergenza del grano duro ha caratterizzato in questa stagione i mercati italiani. Il prezzo è crollato a 180 euro a tonnellata, nello scorso anno era 315 euro a tonnellata. Il grano italiano è stato colpito, quindi, da una speculazione da 700 milioni di euro. Infatti i danni subiti dai produttori italiani ammontano a questa cifra. Il crollo dei prezzi è drammatico, senza precedenti, toccando quota 18 centesimi al chilo. Oggi i compensi degli agricoltori sono tornati ai livelli di 30 anni fa.
La causa di tutto ciò è una manovra speculativa sui mercati esteri. Dal grano alla pasta i prezzi sono aumentati del 500 % e quelli dal grano al pane addirittura del 1.400%. Poi incide anche un andamento climatico quest’anno favorevole e l’atteggiamento degli agricoltori che, dopo un periodo di prezzi alti, hanno tendenzialmente aumentato le coltivazioni.
In ogni caso occorre tener presente che le crisi del grano duro sono ricorrenti, per questo non vanno subite, ma gestite dagli agricoltori e, soprattutto, dalla politica che deve creare condizioni migliori per favorire i contratti di filiera e l’organizzazione dell’offerta. Occorre, poi, pensare, che in un mercato globale concorrenziale orientato al ribasso, a mettere in campo strumenti di gestione della volatilità dei prezzi, attraverso la configurazione di sistemi di assicurazione che intervengano a sostegno dei produttori.”
- Secondo le organizzazioni agricole a pesare negativamente sulla redditività dell’agricoltura italiana è la riduzione dei prezzi agricoli determinato dallo strapotere contrattuale degli altri soggetti della filiera, ma anche dalla mancanza di trasparenza nell’informazione ai consumatori che permette di spacciare come Made in Italy prodotti importati. Hanno ragione Coldiretti e Confederazione italiana agricoltori quando imputano la responsabilità di questo alla latitanza della politica?
“Negli anni ’80 il settore agricolo si è globalizzato sempre di più. Il mercato internazionale è passato nelle mani delle multinazionali. Il processo di concentrazione ha toccato la produzione agroalimentare italiana, come molte altre in Europa. I rivenditori su larga scala dominano il mercato dei consumatori, imponendo le loro regole. I grandi acquirenti di materie prime, dominano i mercati a monte. Una condizione che impedisce ai singoli Paesi di intervenire sui prezzi. Che da anni sono in forte caduta.
Ovviamente la grande speculazione fa il suo gioco. Una morsa mortale dalla quale occorre uscire. Ma serve una grande politica agricola europea. La sola che potrebbe impedire il tracollo dei prezzi agroalimentari.”
- La vendemmia 2016 si prospetta molto positiva. Quale la risposta ai produttori vitivinicoli, che sollecitano verifiche e controlli sull’importazione su mosti dall’estero, e maggiori interventi per certificare il livello qualitativo dei vini?
“Il settore vitivinicolo italiano rappresenta il fiore all’occhiello del nostro agroalimentare. Un settore fondamentale non solo per il notevole apporto economico, ma anche perché ė espressione di una grande tradizione dalle radici lontane, di una cultura e della storia del nostro Paese. L’Italia ė diventato in questi ultimi due anni il primo produttore mondiale, producendo un giro d’affari di oltre 14 miliardi di euro e tanti posti di lavoro. La normativa italiana in materia di produzioni vitivinicole ed il relativo sistema di controllo hanno permesso al settore di raggiungere livelli qualitativi altissimi; nessun ha più scordato lo scandalo del vino all’etanolo e da lì si è ripartiti per garantire al consumatore un ottimo vino di qualità e standard di sicurezza elevatissimi. Sicuramente molto ancora deve essere fatto.
La Commissione Agricoltura ha concluso l’esame di un testo unificato sulla produzione e commercializzazione del vino, con l’intento di raccogliere in un unico strumento tutta la normativa nazionale del settore, intervenendo laddove è necessario semplificare gli adempimenti richiesti alle imprese, mantenendo, al contempo, ferma tutta la normativa in materia di controllo della qualità merceologica del bene. A breve il testo sarà esaminato dall’Assemblea della Camera; spero che entro pochi mesi potrà divenire legge. “
“L’Italia produce un olio che è considerato fra i migliori al mondo. E vanta nel settore migliaia di anni di esperienza e una superficie agricola fortemente vocata. Detto questo, il settore olivicolo nazionale dovrebbe essere più forte e determinato nel settore commerciale, leader incontrastato, insieme al vino, dell’export agroalimentare nazionale. Ma in realtà non è così. La nostra produzione d’olio di oliva rimane purtroppo la stessa degli anni ’60, nonostante il netto miglioramento della qualità. Ma negli anni ’60 l’Italia rappresentava il 30% del prodotto mondiale, oggi la quota è scesa al di sotto del 15%.Una situazione grave, dovuta anche ad una notevole arretratezza del settore e alla sua polverizzazione. Il nostro sistema produttivo non regge più il confronto con altri sistemi più moderni ed efficienti, molto più automatizzati e con ridotto impiego di manodopera.
Così i costi di produzione italiani sono troppo alti, insostenibili. Occorre un piano di investimenti al fine di riqualificare gli impianti esistenti; urge puntare all’incremento della capacità produttiva utilizzando nuovi sistemi tecnologici; puntare sulla cooperazione come l’unica via d’uscita; imparare a comunicare per poter meglio commercializzare. Abbiamo un prodotto eccellente, ma non sappiamo venderlo. Occorre infine un ricambio generazionale, e questo riguarda tutto il comparto agricolo nazionale. Le nuove generazioni, native digitali, possono segnare una svolta: perché hanno una visione moderna della produzione agricola, sanno bene utilizzare le grandi potenzialità della rete, sanno sfruttare il mercato, sfidandolo.
Il Parlamento ed il Governo hanno lavorato in stretta sinergia per rilanciare la filiera; su indicazione della Commissione Agricoltura si è arrivati all’approvazione del piano olivicolo che prevede misure per l’incremento della produzione nazionale di olive e olio extravergine di oliva, per la promozione e valorizzazione dei prodotti, nonché per una riorganizzazione della filiera nazionale.”