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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Augusto Cavadi
Né la mistica né la politica godono di grande popolarità. Alla prima associamo volti emaciati di eremiti nel deserto e pupille all’insù di pallide suorine estasiate; alla seconda i sorrisi furbetti di maneggioni in grado di contraddire le proprie affermazioni di una settimana prima senza l’accenno di un rossore.
Nel recentissimo Misticopolitica. Orizzonti della spiritualità post-religiosa (Effigi Edizioni, Arcidosso 2022) Federico Battistutta prova a dare un’idea differente sia della mistica sia della politica per arrivare a chiarire il senso del neologismo “misticopolitica” che, a suo avviso, designa un processo storico-culturale odierno meritevole d’attenzione.
I tratti essenziali di un’esperienza mistica li ha ben trattati, già all’inizio del Novecento, William James: “l’ineffabilità (l’esperienza mistica è vissuta sempre in prima persona), l’intuizione (è il risultato di una forma di conoscenza non ordinaria), l’instabilità (tale condizione, salvo rare eccezioni, non è permanente) e la passività (può essere attività nella fase di induzione, ma, una volta avvenuto il passaggio, il soggetto risulta passivo)” (p. 31). Essa è dunque poco catalogabile e poco controllabile: di conseguenza guardata con sospetto dalle istituzioni religiose e non di rado condannata e perseguitata.
