Vendetta e ritorsione da parte dei terroristi islamici dell’Isis. Sarebbero queste le cause scatenanti dell’attentato di Kirkuk, in Iraq, contro il contingente militare italiano. Cinque i soldati rimasti feriti, di cui tre in gravi condizioni, ma nessuno in pericolo di vita.
A uno dei militari feriti è stata amputata una gamba mentre un altro ha subito gravi lesioni interne. Due dei feriti sono effettivi del nono reggimento d’assalto paracadutisti Col Moschin dell’Esercito e tre appartengono al Gruppo operativo incursori Comsubin della Marina militare.
Secondo l’analista Arduino Paniccia, esperto di strategia militare e di geopolitica, Presidente della Scuola di Competizione Economica Internazionale di Venezia, l’attentato di Kirkuk rappresenta una prima risposta del sedicente stato islamico all’uccisione dell’autoplocamato califfo al Bagdadi, fattosi esplodere il 26 ottobre al confine fra Siria e Turchia, per non cadere prigioniero dei commandos delle forze speciali Usa che lo avevano circondato. Ma alla vigilia dell’anniversario si tratterebbe anche dell’ulteriore rivendicazione dell’attentato di Nassirya del 12 novembre 2003 che provocò 28 morti: 19 carabinieri e militari italiani e 9 iracheni.
“La reazione alla caccia e alla morte del califfo del terrore al Bagdadi non si é fatta attendere. L’attacco portato ai nostri soldati è il primo segnale di una nuova ondata di agguati e attentati “ teme Paniccia.
- Le modalità dell’attentato sono tuttavia artigianali
L’ordigno era rudimentale, quindi come di consueto i terroristi del nuovo capo dell’Isis di al qurashi ripercorrono le consuete modalità, esplosivi artigianali, pochi rischi,copertura di almeno una parte della popolazione molto risalto mediatico. L’attacco ai nostri soldati in realtà è diretto all’Europa, alla Nato e alla Coalizione militare presente in Iraq.”
- A quasi 20 anni dal dopo Saddam quale è la situazione in Iraq?
Nel paese la situazione è ancora instabile. Prosegue la lotta più o meno sotto la superfice tra sciti e sunniti. L’economia del quarto produttore di ottimo petrolio a basso costo è asfittica. La corruzione piaga secolare è accresciuta e regna sovrana. La disoccupazione supera il 20%. Molti vivono con meno di 2 dollari al giorno. La debole leadership non ha la forza di attuare le necessarie riforme indispensabili per uscire dallo stallo, intanto la polizia spara spesso contro la folla come è acaduto a Bagdad un mese fa.
- Perché Kirkuk?
Colpiscono a Kirkuk dove vi sono i peshmerga iracheni che erano in pattuglia di rastrellamento congiunto con i nostri para’ ed incursori, quindi ancora una volta Isis vuole colpire anche i curdi, questa volta iracheni, nemici irriducibili dei terroristi integralisti e fondamentalisti.
- Quale il ruolo del contingente militare dell’Italia in Iraq ?
800 soldati compresi gli effettivi delle basi aeree, più un centinaio di forze speciali: questo è l’ammontare delle nostre forze. Erano impegnati nelle operazioni di bonifica.
- Cosa attendersi dall’Isis di al Qurashi?
Il nuovo capo è un combattente e rappresenta l’ala guerrigliera del Califfato. Punta a intensificare la lotta armata in campo aperto, contro curdi e soldati della coalizione. Risparmiando per il momento la popolazione irachena sunnita, che spesso non nasconde le proprie simpatie per i terroristi, troppo velocemente dati da tutto il mondo per spacciati. Dobbiamo essere consci che il terrorismo non è decapitato e può continuare a colpire non solo in Siria e in Iraq, ma anche in Libia dove si stanno ricostituendo e ricompattando approfittando della fase di stallo della guerra civile Haftar – al Sarrāj .
- Cosa può determinare la moltiplicazione della destabilizzazione in Libia, Siria e Iraq?
Effetti devastanti. Basti considerare i rischi delle fughe di foreign fighters dopo l’invasione turca nei territori siriani al loro confine, la possibilità che l’Europa sia di nuovo un obiettivo per i terroristi e le cellule dormienti che il nuovo sedicente califfo ha detto di voler svegliare. Il “mese della rabbia” proclamato dal al Qurashi deve mettere perciò in allarme tutte le intelligence. Perché il fatto trascurato dai media della sorte dei 12.000 terroristi, teoricamente ancora prigionieri dei curdi, della polizia militare russa e delle forze speciali Usa in Siria, e dei loro circa 70.000 fra mogli, figli e familiari, internati in campi enormi ingestibili e molto “permeabili”, moltiplica i rischi di una ripresa di attacchi e attentati.