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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by *Maria Salmeri
Ancora quest’anno – grazie alla recente messa in scena al Teatro di Verdura di Palermo di un balletto intitolato Zorba il greco – il romanzo omonimo di Nikos Kazantzakis e le musiche di Mikis Theodōrakīs sono stati riproposti a un vasto pubblico di ammiratori.
Anche qualche spettatore più giovane ha potuto apprendere la storia dell’incontro e dell’amicizia tra due uomini molto diversi: Zorba, un anziano macedone, e Basil, un giovane intellettuale statunitense. Apparentemente due personalità incompatibili, come inconciliabili possono essere le antinomie che abitano in noi: il sentire del cuore e la voce della mente.
Zorba – spirito libero, zingaro, pieno di vita, allegro e sempre ben disposto a festeggiare, che incarna Dionisio, ama divertirsi, abbraccia la vita in ogni suo aspetto – prova entusiasmo per tutto e vede le cose con lo sguardo sempre della prima volta; vive ogni istante con la giocosità di un bambino, con allegria e spensieratezza; assapora in maniera istintiva e intensa ogni esperienza e lo fa con sensibilità e poesia. È rude e tenero…sensuale. Le sue mani sono callose, da operaio, eppure, quando le sue dita sfiorano le corde del salterio, ne escono intense e passionali melodie. Ama il corpo delle donne che stringe a sé e accarezza e ne riconosce la divinità. Beve, mangia e lavora fino allo stremo. Rispetta la natura e ne vede l’anima, perfino nelle pietre.
A me richiama la figura di Shiva Nataraja della mitologia indiana: il dio del buon auspicio, del benessere, colui che danzando cambia la realtà, la distrugge e la trasforma… Come il dio indù anche Zorba danza e nella danza accoglie e trasforma il suo dolore. Ma anche il superuomo di Nietzsche che rimane fedele alla terra e al corpo ed è movimento e musica. Accoglie il mistero dell’universo, il silenzio impassibile delle stelle e non si adagia in nessuna idea consolatoria. Per lui, come per Nietzsche, la vita è senza scopo, ma proprio perciò immortale, indistruttibile, eterna…
Potrebbe essere un maestro Zen: “quando mi viene fame mangio il mio riso, quando mi viene sonno chiudo gli occhi”.
E’ flessibile, ha compassione e anche distacco, un vero yogi. Sebbene provi un’intensa e calorosa pietà per tutti gli esseri umani, non importa se buoni o cattivi, intuisce che solo mantenendoci intimamente liberi possiamo fare del nostro piccolo cuore una cassa armonica del mondo. Consapevole del male, della sofferenza e della morte perfino dei bambini, continua ad amare la vita. Vive in sintonia con ogni momento e sa sempre tagliare la fune che lo lega al dolore.
Zorba é contraddizione: considera l’uomo una grande bestia e anche un dio. Ma siamo noi quando viviamo la vita intensamente e quando ci fermiamo meravigliati di fronte al mistero e all’aporia. Noi quando danziamo sulla spiaggia improvvisando i nostri passi.
Già, Zorba danza… Danza quando muore il suo bambino e il dolore è così forte che potrebbe ucciderlo. E danza da vecchio con il suo corpo pesante che, danzando, torna a essere agile: “Buttarti a capofitto dovunque! Buttarti a capofitto nel lavoro, nel vino, nell’amore e non aver paura di Dio né del Diavolo.”
La storia raccontata é drammatica. Come in tutte le storie, vita e morte si alternano continuamente e i due protagonisti si avvicinano essi stessi alla morte e subiscono la perdita delle persone care.
Basil é timido, riflessivo, idealista, con un cuore puro e inquieto. Ha letto molto, ma é Zorba che lo inizia alla vita, attraverso i suoi racconti e il suo amore per tutto ciò che esiste.
Il vecchio macedone é semianalfabeta, ma possiede la saggezza che viene dalle esperienze vissute intensamente e pienamente…
Anche nella tragedia più buia riesce a fare risorgere il suo spirito e danzare: i suoi occhi brillano nel volto segnato e la sua gioia conquista anche il cuore restio del giovane amico Basil che, alla fine, si lascia andare e insieme danzano il sirtaki sulla spiaggia di Creta.
È una scena indimenticabile. Simboleggia la nostra mente che abbraccia il nostro cuore, le antinomie che ci abitano finalmente in pace. Pensieri, ansie, pregiudizi, credenze… trovano riposo nello spazio del cuore, nel nostro anahata (in sanscrito “non toccato”) chakra: la sua vera vibrazione é gioia, armonia, leggerezza, amore e vitalità, non dipende da niente e da nessuno.
Zorba é un personaggio veramente esistito, anche se è stato romanzato. Era il padre di Kazantzakis, ma l’autore del romanzo non volle rivelarlo mai. Questa è un’altra storia.
