Profezia antimafia
Misericordia, dedizione e antimafia. A quasi quattro anni dall’inizio del Pontificato, la parabola della rivoluzione del nuovo Vaticano di Papa Francesco insiste essenzialmente sulla carità, la pace, lo sviluppo eco-sostenibile, la condanna della violenza e di tutte le forme di criminalità, di mafie.
Dalle coraggiose omelie di denuncia del Cardinale Salvatore Pappalardo, al possente anatema di Giovanni Paolo II°, nella valle dei Templi di Agrigento, alla ripetute scomuniche dei capimafia da parte di Bergoglio, i vertici della Chiesa cattolica sono da circa 50 anni in prima fila nell’azione di contrasto religioso, sociale e culturale delle cosche mafiose.
Una coerenza esemplare che ribalta l’immagine della vecchia Chiesa meridionale in parte attardatasi, nel dopoguerra, sul versante diciamo….della contemplazione, rinunciando al ruolo profetico di denuncia dei mali della società.
Nonostante la ricorrente, terribile, gravità degli eventi nazionali e internazionali, colpisce la periodica dedizione con la quale Papa Francesco ribadisce la totale condanna per delitti e profitti di cosa nostra e contemporaneamente rinnova le speranze affinché, come ha ripetuto recentemente durante un’udienza in Vaticano: “Dio tocchi il cuore degli uomini e delle donne delle diverse mafie, affinché si fermino, smettano di fare il male, si convertano e cambino vita. Il denaro degli affari sporchi e dei delitti mafiosi – ha denunciato il Pontefice- è denaro insanguinato e produce un potere iniquo”.
Antimafia ad una svolta? Riproponiamo in proposito il post pubblicato da zerozeronews.it il 23/02/2015
LA PROFEZIA DELLA FINE DELLA MAFIA
Millenni diversi, due modi di essere: un unico metodo. Buddha e il Papa applicano contro la violenza e mafia l’ identico concetto. Quello della perseveranza.
“Se poniamo a confronto il fiume e la roccia, il fiume vince sempre non grazie alla sua forza ma alla sua perseveranza” diceva già nel VI secolo a. C. Siddharta, il vero nome di Buddha.
E come un fiume in piena Papa Francesco ripete da giugno 2014 ai mafiosi che sono scomunicati e insiste perché si convertano, si pentano. Scomunica e accorato appello alla conversione che il Pontefice ha gridato in faccia alla camorra e a cosa nostra a domicilio, nelle piazze e per le strade di Napoli, Scampia e Pompei.
Soltanto perseveranza o anche premonizione di una svolta nella lotta contro la mafia, quella di Papa Berboglio?
Nessun riscontro, solo intuizioni e la constatazione che da mesi all’interno delle cosche di cosa nostra, della camorra e della ‘ndrangheta si avvertono crescenti scricchiolii e cedimenti.
A Napoli la morte di Carmine Schiavone sta rilanciando la stagione di un pentitismo che ha toccato i vertici della Camorra: da Antonio Jovine a Salvatore Lo Russo.
E in Sicilia l’ultimo (o il penultimo?) collaboratore eccellente, Vito Galatolo, capeggiava una famiglia mafiosa appartenente al Gotha di cosa nostra.
Parallelamente alla perseveranza del Papa, sottotraccia, è in pieno svolgimento l’azione delle Procure distrettuali antimafia: Napoli, Reggio Calabria e Catanzaro e, soprattutto, Palermo, Caltanissetta e Catania.
Dalla storia recente della lotta contro la mafia emerge il determinante impulso che mogli, compagne e figli hanno impresso alla decisione di numerosi padrini di pentirsi e collaborare con la giustizia: da Buscetta a Marino Mannoia, da Leonardo Messina a Calogero Canci, Giuseppe Ferrante, Giuseppe Marchese fino allo stesso Giovanni Brusca, il killer di Giovanni Falcone.
In proposito decisiva potrebbe risultare l’incidenza di Miranda Ratti, sposata con Marcello Dell’Utri, di Rosalia Galdi, detta Bibiana, consorte di Giuseppe Graviano e di Francesca Buttitta, moglie di Filippo Graviano, l’altro capo dei capi della cosca di Brancaccio.
Tre donne, tre svolte fino adesso mancate.
Nessuno ci spera, ma anche nessuno dispera…. Miranda, Bibiana e Francesca rappresentano infatti i principali esempi di consorti di big di cosa nostra che mantengono il tradizionale e rigido assetto di vedove bianche, dedite ai figli e all’assistenza dei mariti condannati all’ergastolo o a lunghe pene detentive.
Ancora cinquantenni i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano sono diventati padri durante la detenzione e, se decidessero di pentirsi, potrebbero rifarsi una vita con i figli che non hanno mai potuto coccolare, visto giocare e studiare.
Diverse le ipotetiche motivazioni di Marcello Dell’Utri.
L’ex quarantennale alter ego di Silvio Berlusconi per il momento legge libri e tace, ma ha fatto più volte capire che non intende marcire in carcere.
Singolari destini incrociati: tre donne e tre mariti dalle carriere criminali parallele e talvolta intrecciate, che si ritrovano davanti allo stesso bivio: pentirsi o imputridire dietro le sbarre. Le loro rivelazioni aprirebbero squarci di verità sui misteri di Palermo e d’Italia.
Difficile stabilire chi conosce più segreti e misfatti. L’unica certezza è che si tratta comunque della sconvolgente realtà di un orribile sistema criminale del quale sono stati diversamente coprotagonisti.
Se i Graviano aprissero la diga delle rivelazioni, dalle stragi Falcone e Borsellino agli omicidi eccellenti (a cominciare dall’uccisione del Presidente della Regione Piersanti Mattarella, dei segretari del Pci siciliano e della Dc di Palermo, Pio La Torre e Michele Reina, dei magistrati Terranova, Chinnici, Costa, degli investigatori Russo, Boris Giuliano, D’Aleo, Dalla Chiesa, Ninni Cassarà, di Padre Pino Puglisi, ecc.) si spalancherebbe una gigantesca faglia sismica politico – finanziaria, e non solo.
Ancor di più eclatanti è presumibile siano i retroscena ipoteticamente gestiti da Dell’Utri: dai miliardi dei padrini Bontade e Inzerillo all’ascesa del Cavaliere, dall’epopea del biscione al boom elettorale di Forza Italia, fino ai giorni di Palazzo Chigi e al “gioco grande” di gasdotti e oleodotti.
Allucinazioni? Vane speranze ? Ipotesi irrealizzabili? Coscienti o inconsapevoli le donne “grimaldello” sono all’opera. Basta che accennino all’amore per i figli e al loro futuro. Gocce che scavano le rocce.
L’analisi intuitiva parte da una considerazione di base: dopo secoli di obbedienza totale, perinde ac cadaver (con l’insensibilitàdi un cadavere), il ruolo delle donne di mafia si è talmente emancipato da imporsi ai vertici delle cosche.
E come sostiene la sociologa Sally Berger “ il segreto per andare avanti è iniziare“ !