Sicilia redimibile? Sulle cause e soprattutto sulle soluzioni per trovare una via d’uscita al malgoverno, al fallimento dell’autonomia regionale ed al coma profondo della politica siciliana, pubblichiamo l’intervista rilasciata al Giornale di Sicilia dall’economista Salvatore Butera

Parola chiave Sicilia. Filo conduttore di una vita da civil servant ai vertici degli snodi economici e politici dell’Isola. Esperienze e analisi condensate da Salvatore Butera in un libro appena pubblicato , “ La Sicilia che non c’è”, edizioni Le torri del Vento, diventato in poche settimane il riferimento di un vasto dibattito culturale sulle possibilità di scongiurare il rischio di implosione della Regione siciliana.
Per Salvatore Butera, già editorialista del Sole 24Ore, Presidente fino al 2005 della Fondazione Banco di Sicilia e prima ancora consigliere economico del Presidente della Regione Piersanti Mattarella, per fare riemergere dalla palude del malgoverno un’Isola ripiegata su se stessa sono essenziali passione civile e coraggioso impegno personale.
Una sfida che i siciliani non possono più ignorare. “L’attuale marasma politico-economico della Sicilia rappresenta un problema grave. Perché, diciamolo pure: la politica è inquinata, ma non soltanto dal punto di vista importantissimo della legalità, ma anche sotto l’aspetto qualitativo, dello spessore, della validità delle persone chiamate a governare la cosa pubblica. E questo è un problema molto serio” denuncia Salvatore Butera.
- Pregiudizi e fallimenti. Quanto incidono i primi e pesano i secondi?
Savatteri ha scritto che non c’è più la Sicilia di una volta e secondo me ha ragione. Siamo tutti stanchi di quel vetusto anche se rispettabile repertorio letterario usato fino a ieri per spiegare la Sicilia. Ma da che cosa è sostituita quella vecchia Sicilia? Da una Sicilia che non c’è. Ci dovrebbe essere una Sicilia finalmente moderna e avanzata ma non c’è. C’è almeno da parte mia l’utopia di una Sicilia che ancora non c’è.
- Autonomia regionale redimibile?
L’autonomia regionale è morta e sepolta eppure dà da vivere a migliaia di siciliani. Quindi non si può abolire anche perché i padri costituenti del ‘45 e del ‘46 provvidero a blindarla a prova di bomba. Provate a leggere le procedure per un eventuale scioglimento dell’ARS, praticamente impossibile. Non credo che l’autonomia sia redimibile, credo e spero che un eroe borghese ci si metta alla testa, poiché le cose camminano sulle gambe degli uomini. Un eroe votato al martirio potrebbe utopicamente tentare di aggiustare qualche eccesso.
- Perché, come ci si chiede nel libro, l’opinione pubblica nazionale continua a confinare la Sicilia in un cantuccio marginale su cui sta scritto “mafia” e “autonomia regionale”
Per comodità, per misconoscenza l’opinione pubblica nazionale continua ad etichettare la Sicilia i suoi problemi i suoi guai (di recente oggetto di un lungo fondo di Paolo Mieli sul Corriere della Sera) con due etichette: la mafia e l’Autonomia regionale. Due cose entrambe superate, ma che certamente il danno lo hanno fatto.
- Quante generazioni occorreranno per cancellare lo stereotipo del Gattopardo e l’equazione Sicilia-mafia?
Occorreranno molte generazioni che continueranno a soffrire, ma si sa oggi le cose tendono a precipitare e chissà…..i tempi potrebbero risultare più brevi del prevedibile. Il Gattopardo è da leggersi nel suo insieme come uno dei capolavori della letteratura italiana del Novecento, mentre non è certo da sfruttare per una sola frase ormai stranota anche a chi il libro non lo ha mai letto.
- Pessimista o ottimista per le prospettive?
Pessimista a breve ma certamente ottimista a lungo termine. I miei nipoti conosceranno finalmente una Sicilia che c’è, finalmente italiana ed europea.
- Quali concreti esempi di rinascita intende innescare il suo libro, che sarà presentato a Palermo, allo Steri, alle 17 del 28 aprile?
La raccolta di questi scritti non ha la pretesa di indicare ricette, quanto di costatare con occhio scevro come è la Sicilia di oggi: una terra isolata e lontana che continua ad avere un rapporto problematico con lo Stato e con la comunità nazionale, con la stessa opinione pubblica nazionale.
- Cosa provoca l’incapacità della Sicilia di sfruttare appieno il turismo e le ricchezze delle bellezze naturali e dei beni culturali di cui è enormemente dotata?
La mancanza di un’Isola moderna. Ciò che manca in Sicilia è la cultura di gestione, di buona amministrazione sia nel pubblico, ma anche nel privato. Questa è la Sicilia che non c’è. Ma vorrei ricordare, non per amor di polemica, che per anni ho sostenuto in privato e in pubblico che agricoltura e turismo, pur fiorenti, non possono essere sufficienti per una popolazione di oltre cinque milioni di abitanti con un mercato del lavoro di circa un milione e mezzo di persone. Ne sono ancora convinto.
- Europa o Italia in chi, oltre che prima di tutto in se stessa, può maggiormente confidare la Sicilia di domani?
La Sicilia deve contare su se stessa e sulle proprie forze e smetterla di chiedere fondi nazionali o europei, perché si sa e si è visto come e dove vanno a finire. Queste forze esistono, vanno fatte emergere dai siciliani e messe a lottare per una nuova Sicilia che c’è sul modello di quella che non c’è di cui parla il mio libro. 

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