Malattie, carestie, guerre e mine: delle quattro piaghe dell’umanità, le mine rappresentano le insidie mortali più subdole e strazianti. E maggiormente diffuse nel mondo. Mimetizzate nei campi, fra i fiori, sotto i sassi e ai margini delle strade, se ne contano oltre 110 milioni disseminate in 70 paesi. Ogni 20 minuti in qualche parte del mondo ne esplode una, per un totale annuo di 26 mila fra vittime e mutilati.
Il continente più flagellato è l’Africa con 30 milioni di mine in 18 paesi, ma il record delle vittime si registra in Afghanistan, Cambogia e nella vasta area fra Siria e Iraq dove infuria l’offensiva del terrorismo islamico dei tagliagole dell’Isis.
Più della metà delle vittime delle mine sono bambini, mentre i sopravvissuti subiscono l’amputazione di gambe e mani.
In Angola e Mozambico per sminare le vastissime regioni trasformate dalle guerre civili in un invisibile tappeto di morte, le organizzazioni internazionali che eseguono le bonifiche utilizzano dei grossi topi come sminatori, con successo e notevole risparmio di vite umane.
Si tratta di grossi ratti di 35 cm. di lunghezza addestrati a fiutare l’esplosivo e trasformati in topi antimine.
Appartenenti alla specie “cricetomys gambianus”, considerata la più grande del mondo, i ratti individuano e segnalano la presenza degli ordigni che vengono così distrutti senza conseguenze. L’ ”arruolamento” dei roditori africani ha dato un notevole impulso alle bonifiche. Tutti i sistemi di sminamento finora utilizzati presentavano infatti inconvenienti e difficoltà.
Per esempio:
- i metal detector non riescono ad individuare le mine non metalliche, le più diffuse e insidiose;
- i bulldozer corazzati lavorano bene solo in pianura;
- i cani anti-mine, se sbagliano, saltano per aria.
Mentre i “topoloni gambiani” fiutano e indicano le “prede” mortali ai tecnici senza rimetterci la vita. Sono gran lavoratori, docili da addestrare, facili da trasportare e soprattutto sono capaci di adattarsi ai climi più diversi: dagli altopiani dell’Etiopia ai deserti del Sahara Occidentale, fino alle foreste del Congo.
Ma la tragedia mondiale delle mine non è risolvibile con la rischiosa proliferazione di una super razza di topi sminatori, bensì con la fine della costruzione di nuovi ordigni, con la cessazione delle vendite e la messa al bando di quelle ammassate nei depositi militari.
Dal 1997 col Trattato di Ottawa, centoquarantuno paesi al mondo, fra cui l’Italia, si sono impegnati a proibire l’uso, la produzione, il commercio e l’immagazzinamento delle mine. Ma all’appello mancano una quarantina di stati, tra cui alcuni dei principali produttori e utilizzatori di mine, come Stati Uniti, Russia, Cina, India e Pakistan.
E se, paradossalmente, non si dovesse arrestare la spirale mine-topi, non ci si potrà neanche consolare con la famosa frase di Deng Xiaoping “non importa se un gatto è bianco o nero, purché catturi i topi”, perché a lungo andare i topi potrebbero finire per utilizzare le mine……