La morte di Bernardo Provenzano, il padrino dei segreti che porta nella tomba i misteri di cosa nostra.
Una vita di delitti e profitti, ma sempre in silenzio. Un silenzio di tomba per le migliaia di vittime. Un imperscrutabile silenzio per sigillare gli inconfessabili retroscena delle complicità e della ragnatela di intrecci politico-mafiosi. Mafioso dalla nascita alla morte, Bernardo Provenzano é stato uno dei criminali italiani più conosciuti al mondo, per il suo potere occulto e la sua crudeltà.
Era talmente spietato e violento che da ragazzo venne soprannominato “Binnu u’ tratturi”, per la brutalità con la quale spianava gli avversari. Come Attila dove passava “u’ tratturi” – si diceva- non cresceva più l’erba.

Considerato l’altra faccia di Totò Riina, il capo dei capi di cosa nostra catturato 13 anni prima di Provenzano, il padrino dei segreti ormai in precarie condizioni di salute venne arrestato in un casolare nelle campagne di Corleone dopo ben 43 anni di latitanza.
In cella si era portato la memoria esplosiva delle relazioni con politici e professionisti, magistrati, avvocati e investigatori, e la conoscenza dei moventi, del contesto e della ricostruzione esatta delle stragi. Segreti destinati, apparentemente, a restare inviolabili. A meno di una nuova ondata di pentiti eccellenti, ai vertici di cosa nostra.