Totò Riina come Robert Mugabe, il padre padrone dello Zimbabwe, è l’altro singolare dato che emerge dalla valanga di valutazioni e di analisi che da 24 ore caratterizza la rete. Il capo dei capi della mafia e il dittatore africano: un unico epilogo per due esistenze criminali, caratterizzate da malvagità disumana.
“Stiamo monitorizzando la situazione quartiere per quartiere del capoluogo e in tutti i centri della provincia” – afferma il Questore di Palermo Renato Cortese, uno degli investigatori che ha catturato, nel 2006 l’altro capo dei capi di cosa nostra, Bernardo Provenzano morto lo scorso anno. “ L’unico dato certo è che le cosche stanno tentando di riorganizzarsi” evidenzia il Questore Renato Cortese.
“Non gioisco mai per la morte, ma oggi si è spento uno dei più efferati, crudeli e spietati criminali della storia – dice il Questore di Crotone Claudio Sanfilippo, un altro dei segugi investigativi della squadra mobile Palermo che catturarono in pratica il gotha delle cosche, dai capi ai latitanti- “ tuttavia con Riina – aggiunge Claudio Sanfilippo – non è morta “cosa nostra”, che continua ad avere ancora numerosi “leader” sia in vinculis che in libertà. Certamente con lui se ne vanno numerose, e alcune per sempre, verità mai scoperte e tanti misteri che alla sua persona erano indissolubilmente legati. Personalmente – sottolinea il Questore Sanfilippo – non penso che oggi si apra un problema di successione al vertice. Cosa nostra ha sempre avuto nelle sue regole secolari i meccanismi di sostituzione. Cambiano gli uomini e, come assistiamo, cambiano le strategie criminali. L’importante – mette in evidenza il Questore di Crotone – è non abbassare mai la guardia e mantenere l’attenzione e la tensione investigativa sempre altissima e vigile. Lo dobbiamo per tutti coloro i quali hanno sacrificato il bene supremo nell’onorare il giuramento di fedeltà alla Repubblica ed ai valori di Legalità e Giustizia.”
Per Teresa Principato, per anni in prima linea nella lotta contro la mafia, come Procuratore aggiunto a Palermo, e attualmente alla Dna a Roma: “ È morto un “irredimibile ” che sino all’ultimo, in un colloquio con i parenti, ha rivendicato il suo superego, affermando che lui era Totò Riina e che nemmeno se gli avessero inflitto tremila anni di carcere al 41 bis, si sarebbe piegato. In ogni caso, anche se non si possono fare previsioni, cosa nostra ha perso un grosso punto di riferimento. Perdita aggravata dal fatto non si intravedono successori con analogo carisma criminale. Ma le cosche uscite a pezzi dalla sfida stragista contro lo Stato voluta da Riina non avevano più aderito alle sollecitazioni implicite del padrino di scatenare una violenta rappresaglia nei confronti dei magistrati scomodi, ben conoscendo, ormai, le prevedibili reazioni da parte dello Stato”.
Per il Procuratore della Repubblica di Messina, Maurizio De Lucia “Riina era senza dubbio il capo “formale” dell’organizzazione. La sua condizione detentiva ne limitava molto la capacità operativa. Oggi ci si deve chiedere se cosa nostra potrà e sarà in grado di individuare un nuovo capo. In assenza però di una struttura di comando che l’azione dello stato ha da tempo depotenziato. Lo sforzo dello Stato- conclude il Procuratore De Lucia – sta pertanto nell’impedire questo tentativo di ristrutturazione che cosa nostra tenterà di attuare. ”
Di apertura di scenari scenarii nuovi ed inquietanti parla invece il Sostituto Procuratore della Direzione Nazionale antimafia Franca Imbergamo : “ Ci sarà certamente la ricerca di un nuovo equilibrio ed è ancora presto per capire se Matteo Messina Denaro potrà rappresentare il successore di Riina. Come tutti i fenomeni sociali anche Cosa Nostra si evolve ma rimangono ferme le sue caratteristiche di presenza capillare ed armata sul territorio e la logica militare che ciò comporta. Sono sicura – afferma il magistrato della Dna I mbergamo – che la Procura di Palermo saprà monitorare adeguatamente questa fase e da parte della Procura Nazionale non mancherà certo il sostegno.”
Per il Questore di Pescara, Franco Misiti, già capo della Squadra Mobile di Trapani, “Sicuramente è un colpo che può incidere sull’ organizzazione criminale perché viene a mancare una figura che per i mafiosi era carismatica. Sicuramente le organizzazioni criminali di oggi non sono più quelle della lupara ma non per questo meno pericolose. In Riina – osserva il Questore Misiti – si sono rispecchiati molti criminali e non dimentichiamo che è ancora latitante il suo figlioccio. Sono fiducioso per il futuro perché gli strumenti di cui godiamo oggi non sono fortunatamente piùquelli di venti anni fa”