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Il grido d’allarme del sistema bancario e le denunce del sindacatoSos del sistema bancario

Dalle tempeste ai cicloni. Per il sistema bancario sono giorni concitati di emergenza continua. Come se non fossero bastate la crisi delle quattro banche cadute sotto la mannaia del bail-in e le pesanti difficoltà delle due popolari venete salvate dal Fondo Atlante,  sul Monte dei Paschi di Siena si è abbattuto il macigno dell’annuncio del possibile rifiuto, da parte della Banca centrale europea, della proroga di venti giorni richiesta dalla banca senese per far fronte all’aumento di capitale di cui necessita.

Sullo sfondo, resta l’ingente fabbisogno di risorse finanziarie delle banche italiane, generatodal buco nero dei crediti deteriorati. Una zavorra insostenibile che impone aumenti di capitale altrettanto insostenibili nel contesto attuale. “Un contesto sociale di crisi e di polemicheper le retribuzioni milionarie che continuano a essere percepite dai manager e con la fiducia dei risparmiatori verso le banche ai minimi storici” afferma Giulio Romani, Segretario generale di First Cisl, il primo sindacato del settore finanziario italiano.

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Giulio Romani
  • Romani, come valuta il rifiuto della Bce alla proroga dei termini per l’aumento di capitale del Monte dei Paschi?

I potentati della finanza avevano minacciato punizioni per gli Italiani se non avesse vinto il sì alreferendum sulla riforma costituzionale e così sembra essere. Come annunciato da settimane, a far da capro espiatorio è il Monte dei Paschi e, con esso, se non si porrà rimedio, tutto il sistemabancario italiano, con conseguenze potenzialmente travolgenti per l’intera economia. Il rifiuto, se arriverà come annunciato, sembra una vendetta politica, più che una decisione tecnica. Credo che una riflessione sul ruolo dell’Europa e del suo governo finanziario sia sempre più urgente.

  • Dunque lei crede che non vi siano motivi tecnici per mettere fretta al Monte dei Paschi?

Il Monte è in grave difficoltà da molto tempo e l’intervento pubblico, che adesso finalmente siipotizza, doveva essere preso in considerazione già da anni. Invece la politica, tutta, si è attardata in una sterile retorica sulla contrarietà agli aiuti alle banche o sull’estraneità del governo rispetto alle vicende bancarie. I fatti dimostrano invece, e non ci voleva tanto a capirlo, che il sistema bancario è centrale per gli interessi del Paese e quindi i governi devono certamente occuparsene. In ogni caso, non credo proprio che a creare pregiudizio all’Europa e alle sue regole ossessive siano i venti giorni in più richiesti dal Monte dei Paschi per completare l’aumento di capitale, oltretutto a cavallo di fine anno. Piuttosto, dei pregiudizi potrebbero venire proprio dall’assurda decisione di negare la proroga.

  • Che cosa teme, ora, per il Monte dei Paschi?

Spero di non dover temere nulla. Anzi, sono certo che, se necessario, davanti all’impellenza dellaquestione, lo Stato saprà fare la propria parte intervenendo direttamente. Creare allarmismo non risolve alcunché e anzi può avere ripercussioni sul comportamento della clientela, generando ulteriori danni alla banca. Per questo ho preferito non partecipare al coro delle voci preoccupate levatosi subito dopo l’annuncio del no della Bce alla proroga. Se posso cercare di sdrammatizzare, invito a rivedere on line lo spezzone del film “Il mio nome è nessuno” nel quale un giovane Terence Hill racconta la favola dell’uccellino. La morale, rivisitandola un po’ nelle forme espositive, è che quando sei dentro ai problemi fino al collo, non è il caso di gridarlo ai quattro venti.Sos del sistema bancario

  • Morelli, l’amministratore delegato del Monte dei Paschi, sostiene che non ci sono problemi…

Mi pare che anche l’amministratore delegato del Monte dei Paschi abbia scelto la linea dellapazienza. Ha aspettato che si sfogassero le grida e poi è intervenuto per distendere gli animi.Quando ha parlato, ha voluto sottolineare che il no di Bce nulla cambia rispetto alla sostenibilitàdella situazione attuale. E ha fatto molto bene: indulgere in drammatizzazioni adesso sarebbe un errore. Il Monte dei Paschi è una banca che ha ancora notevoli possibilità e risorse, a partire dal grande patrimonio di lavoratori, che hanno dimostrato in questi anni un valore e un attaccamento all’azienda senza pari. Per Morelli sarebbe stato facile parlare di tragedia e di boicottaggio, invece ha dimostrato sangue freddo e senso di responsabilità.

  • Altre soluzioni proprio non ce ne sono per il Monte dei Paschi?

I tempi ormai sono troppo stretti per mettere in campo strategie alternative o sperimentali. Certo però che ciò che non è stato fatto in questi anni potrebbe essere pianificato per il futuro. A partire dalla soluzione della questione di come gestire il credito deteriorato, che continua ad affliggere le banche, ma che qualcuno comincia a vedere come un’opportunità per il futuro.

  • Ma lei pensa che Morelli ce la faccia a mettere insieme gli investitori?

Sono sicuro che se lo ha detto è perché pensa di potersi ancora giocare la partita. Lo ritengo unapersona seria, non un imbonitore. Perciò se lo afferma significa che ci crede. Ovviamente, non èdetto che ci riesca e per questo è importante che, nel frattempo, lo Stato si prepari a un intervento.

  • Crede davvero che sia possibile trasformare da problema in opportunità  i non perfoming loans, i debiti di coloro che non riescono più a ripagare regolarmente o del tutto i prestiti?

Certamente. Penso che nelle banche, invece di continuare a fare aumenti di capitale sociale nellaconvinzione che gli npl siano solo pezzi di attivo da vendere al migliore – anzi, al peggiore -offerente, ci si potrebbe impegnare alla costruzione di società di gestione capaci di recuperare i crediti in modo paziente, con professionalità, impiegando il personale in esubero e, magari,coinvolgendo i lavoratori del sistema in operazioni di workers buyout che realizzino esperienze di partecipazione al servizio dell’occupazione e degli interessi delle famiglie e delle imprese delPaese.

  • Un’idea ambiziosa. Si può realizzare?

Con la collaborazione di tutti sarebbe possibile. Le ricette del passato non sono più sufficienti.Trovarne di nuove è una frontiera da valicare: i rischi che il cambiamento comporta mi sembrano irrilevanti rispetto a quelli che derivano dal continuare a sostenere lo status quo.

  • Nulla da dire sulle responsabilità della situazione in cui versa il sistema bancario?

Siamo ridotti in queste condizioni per molte responsabilità: quelle di un’Europa che non vuoleessere veramente comunità, di una politica nazionale insipiente, che, alla fine, decide di sfasciare un governo per un assurdo braccio di ferro su una riforma costituzionale tanto dibattuta quanto inutile e quelle del management bancario che negli ultimi anni ha operato, o ha assecondato, gestioni scriteriate. Non ci dimentichiamo che la situazione in cui versano tante banche, non solo il Monte dei Paschi, si è generata in anni di assoluto silenzio e di tolleranza da parte sia dei vertici dell’ABI, sia delle istituzioni.

  • Già, i manager. Mi pare che sui loro stipendi nulla cambi. Che fine ha fatto la legge popolare su questo tema che avevate  proposto?

La nostra proposta giace ancora non esaminata in Commissione Finanze. Però un segnalepositivo lo leggo nella recente approvazione della legge che regola la finanza etica. Vi si stabilisce, infatti, che nella banca etica il compenso dei manager non può superare di più di cinque volte lo stipendio medio dei lavoratori. Con buona pace dei detrattori della nostra proposta di legge e ditutti i sostenitori a spada tratta della libertà di scelta delle aziende private, questa decisione del legislatore dimostra che la retribuzione può essere regolata anche al di fuori del settore pubblico.sos-sistema-bancario

  • Ma una banca etica non è la stessa cosa di una banca ordinaria

Certo, però, pur con le dovute differenze rispetto alle banche etiche vere e proprie, la vocazionesociale dovrebbe essere incorporata nell’agire di qualunque istituto di credito, a tutela deirisparmiatori e a salvaguardia della buona reputazione dell’azienda, condizioni indispensabili alla sussistenza stessa del sistema bancario. Perché dunque tra i requisiti per l’ottenimento della licenza bancaria, per la quotazione in Borsa o per l’autorizzazione all’emissione dei prodotti finanziari non si dovrebbe introdurre la limitazione del regime retributivo dei manager e l’obbligo di produrre un reddito sociale?

Ci eviteremmo tanti scandali – l’ultimo è quello dell’incredibile compenso percepito dall’amministratore della Popolare di Vicenza in appena cinquecento giorni di incarico -, ma soprattutto avremmo banche più sane e più meritevoli della fiducia dei cittadini. Le argomentazioni usate da chi, per un motivo o per l’altro, difende l’attuale regime, vengono meno con l’approvazione della legge sulla finanza etica. Tanto più che le ragioni per introdurre tetti e vincoli alla retribuzione dei manager sono ben più forti nelle banche ordinarie che in quelle etiche

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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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