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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Antonino Cangemi
Alla ricerca dei lettori perduti, quotidiani e periodici allegano piccoli volumi su pensatori e filosofi o su temi che investono gli interrogativi nevralgici sull’esistenza dell’uomo. Anche questo è segno di una domanda crescente di spiritualità in un’umanità vulnerabile e travagliata da mali planetari (la pandemia, i disordini climatici, ecc.).
Proprio sulla spiritualità, vista nel suo rapporto con la religiosità e la religione, s’incentra l’ultimo saggio di Augusto Cavadi “O religione o ateismo? La spiritualità ‘laica’ come fondamento comune”, edito da Algra.
Come osserva Cavadi, il termine “spiritualità” può intendersi in vari modi, e lo stesso vale per “religiosità”. L’autore, procedendo col suo consueto rigoroso metodo analitico, chiarisce innanzitutto le accezioni a suo avviso più corrette. Detto in modo semplice, la spiritualità è l’esplorare l’umanità nelle sue profondità senza che necessariamente la ricerca si proietti in una dimensione sacra, come accade invece con la religiosità, e senza che ciò porti ad aderire a una religione e a professarla. Ne consegue che la spiritualità può essere comune a un ateo, a un agnostico, a un credente che pratica una religione.
L’esempio di una “spiritualità senza Dio” è colta da Cavadi in Leopardi, nel mistero che avvolge la natura da lui cantata. Chi ha fede e segue i precetti di una religione dovrebbe in teoria essere spirituale, avvertire cioè, nella sua contemplazione del trascendente, una tensione – innanzitutto etica – verso i destini dell’uomo. Ma ciò non sempre accade. Spesso si è religiosi e non spirituali, si seguono supinamente i dogmi di una confessione nell’indifferenza verso i valori umani.

Il testo di Cavadi prende spunto da un libro di Ronald Dworkin, “Religione senza Dio”, per riflettere su questioni oggi affrontate dai teologi dalle vedute più radicali o, meglio, meno condizionate dalla tradizione. Questioni che conducono a una rifondazione delle religioni spogliate dai loro dogmatismi e attente a quei valori sociali e ambientali cari alla spiritualità laica.
Tra i pregi del saggio, quello di essere strutturato in due sezioni: nella prima, più estesa, l’autore articola i suoi ragionamenti e trae delle conclusioni dopo avere sviscerato l’argomento in tutte le sue sfaccettature; nella seconda sono raccolti alcuni suoi scritti sul merito (ad esempio, un intervento a un convegno in cui si è discusso sul rapporto tra ateismo e spiritualità o una nota sulla filosofia -in- pratica e la spiritualità) destinati a chi voglia procedere a degli approfondimenti.
Il messaggio di Cavadi pare essere questo: occorre ripensare le religioni e favorire il dialogo tra chi confessa una religione e i laici, affinché possano aiutarsi vicendevolmente nella “ricerca di una vita più autentica e più buona verso se stessi, gli altri, la propria terra”, come sottolinea nella postfazione Fabrizio Mandreoli.
Le conclusioni dell’autore, nell’auspicare un fronte comune tra credenti e laici per sostenere le ragioni dell’umanità e soccorrerla – fragile com’è “nell’epoca della globalizzazione del disorientamento” -, forniscono una risposta alla domanda che campeggia nel titolo: “O religione o ateismo?”. Non esiste una drastica contrapposizione tra chi vive nella fede e chi ne è privo: il loro punto d’incontro è nella spiritualità e nella comune ricerca del bene dell’uomo.
Il saggio di Cavadi, interessante per gli addetti ai lavori, è interessantissimo per i comuni lettori che guardano alla vita e ai suoi enigmi, alle religioni e alle sue contraddizioni, con interesse e spirito critico. Lo è, interessantissimo, anche perché aiuta a scoprire nuovi orizzonti nell’approccio ai temi religiosi e, in generale, spirituali.