Conto alla rovescia per l’arresto del boss superlatitante da 25 anni.
”Il 2019 sarà l’anno della cattura di Matteo Messina Denaro” ha infatti affermato il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho, in un’intervista a Gnewsonline.it, il nuovo quotidiano telematico d’informazione del Ministero della Giustizia.
Il Procuratore De Raho ha delineato il bilancio del suo primo anno alla guida della Dna, evidenziando i risultati ottenuti e valutando i provvedimenti legislativi adottati in materia di lotta alla corruzione e quelli che favoriranno l’ingresso di nuovi magistrati e di personale amministrativo nella macchina della Giustizia.
Sulla latitanza del capomafia Messina Denaro, il Procuratore ha dichiarato: ”Le reti che lo attorniano e che lo sostengono sono sempre numerose, ma di volta in volta, mese dopo mese, si interviene tagliandole. Così facendo ci si avvicina all’obiettivo e credo che il 2019 sarà proprio l’anno della fine della sua latitanza”.
Originario di Castelvetrano 57 anni, figlio di un capomafia storico del vertice di cosa nostra, di Matteo Messina Denaro si sono perse le tracce dall’inizio del 1992, l’anno delle stragi Falcone e Borsellino delle quali è ritenuto corresponsabile.
Così come è accusato di essere uno dei protagonisti della stagione delle bombe mafiose del 1993 e fra gli organizzatori del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un boss di Altofonte pentitosi.
Diabolik, U siccu (il secco), oppure Alessio, come si firmava nei pizzini ritrovati nel 2006 nel covo di Bernardo Provenzano, a Montagna dei Cavalli, nei pressi di Corleone: questi alcuni dei soprannomi con cui è conosciuto Matteo Messina Denaro, al quale gli investigatori stanno danno la caccia da decenni.
C’è chi assicura che vivrebbe all’estero, chi in Sicilia, ma che si sposta di continuo. Si ipotizzano interventi chirurgici al viso e ai polpastrelli e protezioni da parte della ‘ndrangheta in cambio del disco verde in Sicilia ai boss calabresi per il monopolio del traffico di cocaina.
Le parole di De Raho, che non parla mai tanto per parlare, lasciano intuire comunque una qualche svolta, una evoluzione degli equilibri interni a cosa nostra, ancora ufficialmente priva di un capo dei capi dopo la morte in carcere di Riina e l’eclissi di tutta una generazione di esponenti mafiosi destinati a morire in carcere. O a scegliere la via del pentimento.