L’effetto Brusca è devastante. Stragista (fu lui che fece esplodere l’esplosivo dell’attentato a Giovanni Falcone), massacratore di ragazzini (fece sciogliere nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo), autore di centinaia di omicidi, sapere che Giovanni Brusca è tornato in libertà a dir poco sconvolge.
Una scarcerazione per fine pena dopo 25 anni di detenzione, invece della valanga di ergastoli che gli sarebbero stati inflitti se non si fosse pentito e non avesse fornito un contributo determinante per ricostruire gran parte dei retroscena della stagione delle stragi del 1992 e della guerra di mafia del decennio precedente.
Un Brusca in libertà, per effetto dei benefici concessi ai collaboratori di giustizia, che fa vacillare ma non fa venir meno la razionalità delle considerazioni di Maria Falcone: ”è doloroso, ma è la legge voluta da mio fratello”.

Vista dalla parte della giustizia, e della massima lex, dura lex, sed lex, la scarcerazione per fine pena del 64enne Giovanni Brusca evidenzia tuttavia che anche il boss più spietato, se si pente sinceramente, se collabora concretamente rivelando tutto quello che ha compiuto e di cui è a conoscenza, può ottenere considerevoli sconti di pena che possono consentirgli di tornare in libertà una volta scontate le condanne ridotte.
Oltre che per la memoria delle tante, davvero troppe, vittime della mafia, l’effetto Brusca può avere un impatto devastante anche per cosa nostra e potrebbe indirizzare verso il pentimento e la collaborazione con la giustizia soprattutto i padrini non ancora 60enni, detenuti da oltre 25 anni e che stanno scontando molteplici condanne all’ergastolo.