Ci sono molti modi di commemorare Giovanni Falcone.
Come ogni anno ricordiamo il 23 maggio cercando di non farci schiacciare dai luoghi comuni o peggio da quella retorica che, anniversario dopo anniversario, pur esaltando la figura di Falcone, sostanzialmente la usa per poi dimenticarla.![Giovanni Falcone un esempio sempre in prima linea](https://www.zerozeronews.it/wp-content/uploads/2019/05/giovanni-falcone-un-esempio-sempre-in-prima-linea5-600x450.jpg)
Sono passati quasi tre decenni e, in questo particolarmente tribolato 2020, uno dei modi migliori per ricordarlo, assieme alla moglie, il Magistrato Francesca Morvillo, e agli Agenti di Polizia Vito Schifani, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro, è certamente quello di sottolinearne l’esempio concreto. Di studiare e seguire il metodo Falcone.
![Giovanni Falcone un esempio sempre in prima linea](https://www.zerozeronews.it/wp-content/uploads/2019/05/giovanni-falcone-un-esempio-sempre-in-prima-linea3-600x400.jpg)
In realtà il metodo Falcone era Falcone stesso, la sua profonda cultura giuridica, il modo allora del tutto inedito e rivoluzionario di modernizzare e di rendere il ruolo del giudice istruttore coerente con i principi costituzionali.
Un giudice in prima linea, che non si limita a verificare gli elementi raccolti dalla polizia giudiziaria, ma che dirige direttamente le indagini ed esegue personalmente in particolare gli interrogatori degli imputati e la raccolta delle testimonianze. Atti specificatamente volti a individuare riscontri obiettivi.![Giovanni Falcone un esempio sempre in prima linea](https://www.zerozeronews.it/wp-content/uploads/2019/05/giovanni-falcone-un-esempio-sempre-in-prima-linea6.jpg)
Ecco in estrema sintesi, il metodo Falcone consiste nell’approccio laico all’inchiesta, nella rigorosa ricerca dei riscontri probatori e nella valutazione complessiva del contesto criminale dei fatti verificati dalle indagini.
Scaturisce da questo il primo grande processo che delinea l’insieme dei delitti e dei profitti della mafia degli anni ’80.
Un inedito maxi processo a cosa nostra con 474 fra padrini e gregari delle cosche imputati, 221 dei quali dietro le sbarre, 59 a piede libero e 194 latitanti. Un processo passato alla storia e conclusosi con condanne a 19 ergastoli e 2.665 anni di reclusione.
Un metodo che traspare dalle risposte all’intervista rilasciata per il Tg1 all’ora inviato della Rai siciliana Gianfranco D’Anna all’indomani dell’agguato mafioso nel quale a Palermo il 29 agosto del 1991 venne assassinato l’impreditore Libero Grassi.
https://www.facebook.com/iononvidimentico/videos/1499878000084892/
Cosa resta oggi dell’impegno di Giovanni Falcone? A che punto è la lotta alla mafia? Che memoria complessiva di quegli anni di piombo stiamo consegnando ai giovani mentre emergono sempre più interrogativi e nuove piste investigative sui retroscena e i mandanti occulti della strage di Capaci?
Parafrasando Kennedy, quanto è possibile oggi rovesciare la domanda: ma cosa ha fatto lo Stato per combattere la mafia? e chiedersi invece: cosa possono fare magistrati, esponenti delle istituzioni, giornalisti, per osservare quotidianamente i principi del metodo Falcone nei rispettivi ambiti?