La guerra degli organici dei bancari a perdere: essenziale salvare lavoratori e banche dice Giulio Romani Segretario Generale First CislCome per l’inferno della crisi economica globale, il calvario dei bancari a perdere sembra essere lastricato di Naspi. Cioè della sospensione della nuova indennità di disoccupazione a chi non accetta una congrua offerta di lavoro. A metà settembre in un momento di forte problematicità dell’intero sistema bancario italiano ripartirà il confronto fra sindacati e Abi, l’Associazione Bancaria. In primo piano le non facili soluzioni su organici e ammortizzatori sociali che dovrebbero essere utilizzati per ridurre il personale bancario. Mentre una minor attenzione sembra essere destinata alla più complessa questione della riorganizzazione del modo di fare banca. Temi caldi, che riguardano il futuro prossimo del popolo dei bancari, sui quali abbiamo intervistato Giulio Romani, Segretario Generale di First Cisl, uno dei principali sindacati del settore.
- Che conseguenze possono profilarsi per l’Italia dalla crisi che stanno attraversando le banche?
“Il sistema bancario italiano è chiamato ad una svolta. Se, già dai prossimi mesi, non si dovessero realizzare soluzioni per i problemi delle banche in maggiori difficoltà, gli effetti per tutto il settore, per l’occupazione e per l’economia dell’intero Paese potrebbero essere insostenibili. E poi ci sono da attuare le riforme delle banche popolari e delle BCC. E l’avvento della banca digitale… Il tutto in assenza di crescita economica che, certo, non aiuta. Tutte cose che genereranno tensioni occupazionali. Perciò, da tempo sosteniamo che le parti sociali si debbano confrontare , tra loro e con il Governo, su questi temi, senza fare l’errore di cercare di risolvere le criticità solo in termini congiunturali”.
- Quali le misure necessarie per affrontare le problematicità congiunturali e strutturali del sistema bancario italiano?
“Occorre lavorare con urgenza ad una fitta serie di impegni, che consentano di varare misure di sostegno all’utilizzo degli ammortizzatori sociali del sistema, ma anche modelli organizzativi, nuove professionalità, nuove articolazioni produttive delle banche, al fine di generare e condividere le condizioni per un nuovo sviluppo della redditività per le imprese bancarie. Bisogna agire prioritariamente, a difesa dell’occupazione e nell’interesse del Paese, mediante forme di riconversione professionale e di rioccupazione dei lavoratori che risultassero eventualmente in esubero a seguito di crisi aziendali e riorganizzazioni. Non solo. Servono regole di funzionamento e di avvio dello strumento individuato alla firma dell’ultimo CCNL Abi per favorire la mobilità professionale interna al settore nelle situazioni di difficoltà delle singole aziende bancarie e poi politiche attive per la “rioccupazione” nelle banche, vista l’impossibilità di utilizzare a questo scopo, come in passato, la sezione emergenziale del fondo di solidarietà, a seguito delle scelte fatte, nostro malgrado, nell’applicazione della cosiddetta “riforma Fornero”.
- Ammortizzatori sociali, nuovi modelli organizzativi, riconversione e rioccupazione dei lavoratori: già questi sono obiettivi importanti. Ma basteranno a rilanciare il sistema, oggi minato anche sotto il profilo della credibilità?
“Non basteranno. Altri interventi a mio avviso urgenti sono quelli che individuino delle forme di partecipazione organizzativa dei lavoratori nella gestione delle filiere commerciali e dei controlli, in coerenza con i principi di un protocollo etico di sistema, utile, fra l’altro, per garantire il rilancio della relazione tra il sistema bancario e il Paese soprattutto sul piano della fiducia”.
- L’obiezione è che lavoratori e clienti fanno sacrifici anche pesanti, ma i banchieri e i manager continuano a vivere in una sorta di isola felice.
“E lo dice proprio a me? Le ricordo che la mia organizzazione, da sola, nel 2013 raccolse ben 120.000 firme a sostegno di una proposta di legge popolare finalizzata alla moderazione delle retribuzioni ed alla responsabilizzazione sociale dei manager! Senza le scempiaggini e le ruberie commesse da alcuni di loro, il sistema bancario italiano avrebbe ben altra salute. Possibile che si parli sempre dei lavoratori in esubero e mai dei ricchi manager a cui far pagare il conto?”.
- La focalizzazione resta infatti prevalentemente incentrata sul tema degli organici. Sembra che nelle banche non si vada più in là di una pianificazione di breve periodo. Questo presuppone di far cassa attraverso la riduzione del personale ?
“Io penso che senza la condivisione di un piano che prefiguri investimenti nell’aggiornamento dell’attività delle banche, insistere solo sul taglio dei costi significhi rinviare un problema che continuerà a ripresentarsi incessantemente. Da troppo tempo ci confrontiamo con banchieri capaci di progettare obiettivi economici solo attraverso la riduzione del costo del personale; oggi c’è, invece, la necessità di attuare politiche di sviluppo e riqualificazione delle banche e dei bancari che permettano di traguardare prospettive di lungo periodo e crediamo che il dovere del sindacato e dell’ABI sia quello di non cadere nel tranello di scorciatoie che risolvano, a macchia di leopardo, il problema solo per qualche anno. D’altra parte, lo stesso presidente Antonio Patuelli ha confermato, nella sua ultima relazione, quanto sostenuto da First Cisl con una ricerca pubblicata a marzo e cioè che i bancari italiani sono numericamente più che in linea con quelli degli altri sistemi bancari europei”.
- Però molti, anche da parte sindacale, invocano un intervento pubblico per agevolare la risoluzione del nodo degli esuberi nel sistema bancario. Cosa ne pensa?
“Penso che, al punto in cui siamo, sia, in qualche forma, necessario ma che se fosse finalizzato esclusivamente a sostenere interventi restrittivi dell’occupazione, sarebbe certamente ingiusto e inevitabilmente inefficace. Confido, quindi, che il Governo sia interessato a condividere con le parti sociali una più ampia strategia positiva di rilancio del sistema bancario a sostegno del Paese, rispondendo con lungimiranza a certe tattiche distruttive che nulla restituiscono, in termini di prospettiva, alla cittadinanza e alle imprese”.
- Il che significa?
“Che, ad esempio, si dovrà affrontare in modo non estemporaneo e discontinuo il tema dei salvataggi delle banche in difficoltà, a prescindere dalla loro dimensione, oppure quello dei controlli interni ed esterni alle banche stesse e che non dovrà essere elusa la questione dei crediti problematici del sistema, sia per ciò che attiene alle forme di finanziamento, funzionali ad alleggerire i bilanci delle banche, sia per la scelta delle modalità di gestione dei crediti stessi, negli interessi complessivi della nostra comunità nazionale. In questo ambito, ci aspettiamo che si apra anche una discussione sugli oneri fiscali gravanti sul sistema bancario, che, diversamente da quanto sostiene tanta demagogia che il trasversale “partito anti-bancari” ha fatto in questo periodo, costringono le banche italiane a doversi confrontare in modo impari con quelle di altri Paesi europei”.
- Cosa sarebbe necessario? un più ampio portafoglio di interventi più che una singola misura, come l’esenzione del versamento del contributo alla NASpI da parte delle banche? “Occorre mettere mano complessivamente e strutturalmente ai trattamenti fiscali delle imprese e dei gruppi bancari, a partire dalla questione dell’iva intra-gruppo e del definitivo allineamento alle normative applicate nel resto d’Europa circa i tempi di ammortamento delle perdite su crediti, fino all’attuazione di una necessaria, temporanea, sospensione del versamento NASpI, che le banche italiane sostengono, a carico del costo del lavoro del sistema bancario, esclusivamente in termini solidaristici verso gli altri settori produttivi, senza trarne dunque alcun ritorno”.
- Veniamo più nello specifico al tema del contributo NASpI, di cui tanto si parla. Concedere alle banche di sospendere il proprio versamento è una via mai percorsa prima. Una svolta positiva?
“Sì, sarebbe un fatto inedito. Ciò non di meno, la scelta di Abi di perorare questa soluzione ci vede concordi, perché pensiamo sia normale che, se un sistema è in difficoltà, non possa essere chiamato a fare solidarietà senza riceverla. E poiperché questa osservazione riporta chiarezza su un tema che, nostro malgrado, era stato oggetto di un discutibile dibattito negli scorsi anni: le banche non sono semplicemente aziende di uno stesso settore merceologico, ma sono un sistema che, come tale, deve essere salvaguardato complessivamente e non caso per caso. È in questa chiave che trova legittimità una richiesta che, diversamente, potrebbe riguardare solo le aziende in crisi”.
- Sospendere il versamento del contributo NASpI può permettere alle banche di colmare il fabbisogno derivante dagli esuberi individuati?
“Solo parzialmente. Tanto per cominciare, il costo degli esuberi si scarica sui bilanci interamente nel primo anno, mentre la sospensione ipotizzata produrrebbe effetti in tre anni, non risolvendo, quindi, il problema della sostenibilità del costo del fondo esuberi nell’esercizio di competenza”.
- Da più parti si sostiene che dalla sospensione del NASpI le banche possano avere a disposizione un tesoretto di 600 milioni di euro per far fronte ai problemi occupazionali. È una cifra cospicua , può bastare?
“Il quantitativo di risparmio ipotizzato è forse un po’ ottimistico se si considera l’incidenza del progressivo abbattimento della base di calcolo, cioè delle retribuzioni correnti, ma, in ogni caso, considerando prepensionamenti incentivati fino a raggiungere l’80% della retribuzione, non coprirebbe più di 12.000 annualità medie (circa 50.000 euro di costo pro-capite). Con un surplus stimabile per oltre 15.000 posizioni, potenzialmente fino a 7 annualità per ciascuna, il fabbisogno potrebbe essere vicino alle 100.000 annualità. È,dunque, chiaro che la sospensione temporanea del versamento NASpI coprirebbe solo parzialmente le necessità del fondo esuberi”.
- Una volta che si sia riusciti a convincere il Governo sulla necessità di sospendere il versamento del contributo NASpI, c’è qualche cautela da assumere nella gestione delle maggiori disponibilità finanziare di cui le banche verrebbero a disporre?
“Certamente. Resta in ogni caso da risolvere un aspetto di distribuzione degli effetti della sospensione dei contributi. Infatti, a meno che i benefici della sospensione non siano interamente riversati, da ogni singola banca, su un fondo generale da cui far attingere le aziende in difficoltà, a beneficiare del risparmio non sarebbero le banche che darebbero vita agli eventuali esodi, ma, inevitabilmente, anche quelle che, non destinando i soldi a quell’uso, li tratterrebbero a beneficio della gestione ordinaria. Ne risulterebbe il paradosso che i lavoratori trarrebbero un beneficio molto parziale rispetto al totale della contribuzione NASpI non versata, mentre in molti casi i soldi, un tempo destinati alla solidarietà pubblica, andrebbero invece a finanziare i dividendi degli azionisti e gli stipendi dei banchieri.
- Sarebbe possibile conciliare la pratica degli incentivi all’esodo con l’utilizzo di risorse pubbliche? I bancari già possono accedere alla pensione anticipata, che per molti altri lavoratori sarebbe considerata un privilegio…
“I bancari hanno questa possibilità, perché, nel 1999, si crearono i presupposti per la costituzione del fondo di solidarietà attraverso un contratto nazionale in cui furono approvate grandi riduzioni strutturali del costo del lavoro, che gravano tuttora sulle loro retribuzioni e sulle loro carriere. Solo se fosse recuperata la rinuncia ad un biennio di inflazione, che allora si fece e non fu l’unico provvedimento, il costo del lavoro del sistema aumenterebbe di oltre un miliardo all’anno. Insomma, le pensioni anticipate i bancari se le sono pagate e continuano a pagarsele da soli. Per questo difendiamo le prassi che comportano, diffusamente, l’utilizzo di incentivi a favore di coloro che possono decidere di aderire all’esodo, configurando per essi una condizione di maggior favore rispetto a quella che deriverebbe da una semplice pensione anticipata, evidentemente utili a stimolare la volontarietà delle uscite”.
- Il punto è proprio questo. Adesso si chiede di usare anche soldi pubblici…
“Sì è vero, ma si tratta pur sempre di solidarietà che il sistema ha sempre fatto al pubblico senza averne mai ricevuto ritorni. È ovvio che bisognerà accertarsi che le prassi di incentivazione siano compatibili con l’eventuale concessione della sospensione. D’altra parte non si può fare a meno di ammettere che la diminuzione di risorse,normalmente utilizzate per pagare l’indennità di disoccupazione di lavoratori licenziati in altri settori, fatichi a conciliarsi, sul piano etico, con il sostegno ad una condizione di maggior favore per i lavoratori bancari, sebbene questi, a differenza di altri, sino ad oggi, non siano costati nulla allo Stato. Nel caso dovremo valutare se, l’eccezionalità di alcune situazioni, oltre a motivare la richiesta di sospensione del versamento NASpI, sia davvero tale da dover rivedere l’atteggiamento del tavolo sindacale rispetto alle incentivazioni per la volontarietà”.
- Dunque insistete sulla volontarietà dell’accesso al fondo esuberi, ma altre forme di solidarietà richieste ai lavoratori sembrano essere obbligatorie…
“Per quanto ci riguarda, io sostengo da sempre che, su questo tema, sia opportuna una riflessione: credo, infatti, che il principio della volontarietà debba essere ribadito anche per quanto riguarda le riduzioni/sospensioni di orario e in tal senso la FIRST si è costantemente battuta durante le varie procedure aziendali, sebbene, in molte aziende, siano state già esaurite le risorse accantonate per l’incentivazione di queste fattispecie. I lavoratori più giovani, che subiscono in gran parte i disagi che derivano dalle riduzioni degli organici, hanno certamente diritto alla stessa salvaguardia di quelli esodabili o pensionabili”.
- In ogni caso, la sospensione del versamento NASpI vi vede favorevoli?
“Lo confermo. Pur nella convinzione che l’intervento richiamato non sia di per sé magicamente sufficiente a risolvere i problemi strutturali del settore e, quindi, reclamando un approccio davvero costruttivo ai tavoli negoziali, ribadisco, comunque, che la FIRST fa sua la richiesta dell’Abi di sospensione temporanea del settore dal versamento NASpI, a patto che si creino le condizioni affinché l’intero ammontare sia esclusivamente e solidalmente destinato alla tutela dei lavoratori e che vi sia chiarezza e condivisione unitaria sulle compatibilità con le attuali forme di accesso al fondo esuberi”
- C’e’ il rischio che i sacrifici continuino a gravare solo sulle spalle dei lavoratori?
“Lo ho già detto. Credo che non si possa prescindere da atti concreti e adeguati, anche da parte degli amministratori e del top management in genere. Riterrei, infatti, immorale da parte nostra chiedere di far ricorso a risorse destinate agli interessi della collettività senza pretendere che coloro che godono di grandi privilegi si facciano carico, per primi, del dovere di solidarietà generale. In tal senso penso che anche il Governo si debba finalmente esprimere”.
- Sostanzialmente chiedete che se sacrifici ci debbano essere, questi vengano distribuiti fra tutti …non solo fra i dipendenti?
“La verità è che il momento impone serietà e sobrietà per tutti, a partire dalla presa di coscienza che non esistono soluzioni facili ed estemporanee: nessuno di noi ha i poteri di Mary Poppins e i banchieri, fino ad a oggi, hanno per lo più emulato l’egoista Mr. Banks dell’inizio del film, piuttosto che quello del lieto fine”.
- Della necessità di un ridisegno complessivo del modo di fare banca in Italia see ne parlerà già dalla ripresa del confronto?
“Il tema di una nuova visione strategica di sistema, che apra alla declinazione di nuove mission aziendali, coerenti con la ricerca di valore attraverso nuovi lavori, nuovi modelli di servizio e nuove forme di coinvolgimento del personale, anche nelle funzioni di controllo, mi pare ineludibile. Penso che se ci concentrassimo esclusivamente sulla questione degli esuberi sbaglieremmo e priveremmo i lavoratori e il Paese della possibilità di avere banche più efficienti e più attente agli interessi generali”.
- Non è che le cose fuori dal settore bancario vadano tanto meglio…
“Purtroppo è vero. Anche per questo penso che che gli interessi della nostra categoria, che intendiamo difendere senza alcuna esitazione, non possano essere indifferenti a quelli generali del Paese e che, quindi, alcune soluzioni non debbano essere attuate se non elevando la soglia del rigore e avendo a riferimento gli interessi delle famiglie e delle imprese italiane. Pensare di chiuderci nel nostro fortino e aspettare che altri facciano la manutenzione delle nostre mura, sarebbe, come minimo, velleitario, non crede?”.