Zero retorica. Per dare un senso compiuto al 40esimo anniversario dell’omicidio del Generale Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa è essenziale ricostruire fatti e contesto di un delitto che, come altri specifici omicidi di mafia, ha una valenza glocal: locale e globale.
Dall’agguato di via Isidoro Carini a Palermo sono passati esattamente 14.610 giorni, ma la verità storica che emerge da tutti i riscontri è che, ad appena tre mesi dall’insediamento di Dalla Chiesa alla Prefettura di Palermo, cosa nostra oltre a rispondere alla sfida antimafia abbia “tecnicamente” eseguito un omicidio su commissione.
Per conto di chi e perché ? “La verità parziale l’abbiamo avuta, ma c’è sempre un pezzo che manca, che rimane fuori e non si può provare in tribunale” sottolinea in tutte le interviste il figlio del Generale, il Prof. Nando Dalla Chiesa, in riferimento a killer e mandanti mafiosi e soprattutto alla nebulosa di mandanti e interessi sovrastanti le cosche.
L’uccisione del Generale che aveva sbaragliato le brigate rosse e il terrorismo ha un dirompente effetto glocal, locale e nazionale, come i retroscena e i cui prodest dell’assassinio del Presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella ( per spianare la strada a Palazzo d’Orleans e seppellire definitivamente il moroteismo) gli omicidi dei superpoliziotti Boris Giuliano e Ninni Cassarà ( per bloccare le loro indagini su narcotraffico, riciclaggio e contiguità fra mafia politica esattorie e credito) l’agguato al segretario del Pci siciliano Pio La Torre (lungo la palude degli appalti e la mobilitazione contro gli euromissili) e le stragi Falcone e Borsellino.
Il filo conduttore intuitivo, ma ultimamente sostanziato da varie risultanze investigative, collega l’eventuale urgenza di eliminare Dalla Chiesa ai retroscena del sequestro e dell’uccisione del Presidente della Dc Aldo Moro da parte, anche, dei terroristi delle brigate rosse.
Non c’è solo l’incredibile rinvenimento del memoriale Moro nel covo brigatista di via Montenevoso a Milano, nel 1990 a 16 anni dall’assassinio del leader democristiano, ma la documentazione e le testimonianze riguardanti i colloqui e le richieste del Generale intercorse con gli esponenti del Governo e i leader politici. Da Spadolini a Andreotti, da Rognoni a Craxi e De Mita.
E’ un dato storico che dopo gli ampi poteri che gli consentirono di essere il propulsore diretto del successo della lotta contro il terrorismo, al culmine del convulso travaglio politico e istituzionale del dopo Moro, Carlo Alberto Dalla Chiesa venne inviato praticamente disarmato in Sicilia sulla trincea antimafia.
Per essere platealmente trucidato dopo 100 giorni in pieno centro a Palermo, assieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’autista Domenico Russo.
Buio, misteri, depistaggi, ricatti e altri delitti per occultare verità inconfessabili.
Ma in che Italia viviamo se mentre gli anniversari passano stanchi, corrosi dalla retorica e dall’oblio, ancora non si riesce a delineare compiutamente non soltanto le responsabilità dirette, ma neanche il contesto degli anni di piombo e dei delitti Moro, Piersanti Mattarella, Dalla Chiesa, Giuliano, Cassarà, sino alle stragi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino?