A Roma la mafia non esiste…
Titoli a valanga sull’ addio alla mafia. Tifo da derby. Riedizione aggiornata dello spirito gladiatorio. Mafia et circenses, l’associazione criminale di stampo mafioso trasformata in spettacolo ed alibi per polemiche e veleni.
Come in preda ad una perenne sindrome del Colosseo, Roma ha sottolineato con un pollice verso collettivo la fine della prima puntata del maxi processo all’ennesima banda trasversale di criminali & politici.
Un pollice verso rivolto, e spesso urlato, però non contro gli imputati riconosciuti colpevoli e con pesanti condanne, equiparabili a quelle inflitte ai mafiosi, ma all’indirizzo dei magistrati e degli investigatori che hanno ricostruito, provato e denunciato violenze, sopraffazioni, estorsioni, corruzioni, complicità traffici e intrallazzi di un’associazione per delinquere minacciosa, pericolosa e pervasiva come, quanto e peggio di una cosca mafiosa.
Una mafia che c’è, si vede, si subisce, ma ci si ostina a negare oltre l’evidenza. E non solo per ovvie ragioni processuali e di aggravamento delle conseguenze giudiziarie. Ma anche per una sorta di malinteso, inconfessabile, orgoglio capitale. Di alibi auto assolutorio, di autocommiserazione da mal comune mezzo gaudio. Mafia? ma de ché, ma de che stamo a parlà….
Come se la mafia fosse una etichetta criminale doc, a denominazione ed origine delimitata alla Sicilia ed i metodi mafiosi, omicidi compresi, non fossero stati mai praticati nella città eterna….
Sic transit gloria mundi… direbbero gli storici. I quali consiglierebbero ai posteri anche di attendere, oltre alle motivazioni della sentenza sul primo processo riguardante mafia Capitale, anche l’esito del processo d’appello e soprattutto la pronuncia finale della Cassazione.