La visione delle visite pastorali del Papa in Arabia Saudita e Cina
Più che speranze e visioni i viaggi pastorali del Papa in Arabia Saudita e a Pechino vengono considerati in Vaticano alla stregua degli autentici miracoli: eventi straordinari, generalmente impossibili e al di sopra delle leggi naturali.
Ma la continua spinta di Bergoglio verso una svolta mondiale di pace e di speranza, sulle orme della storica Enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII°, sembra aver trovato due spiragli concreti.
Il primo barlume riguarda l’inedita e davvero storica visita che un Cardinale della Santa Sede, Béchara Boutros Raï, Patriarca di Antiochia dei Maroniti in Libano, effettuerà a Riyadh su invito ufficiale del Sovrano dell’Arabia Saudita, Salman e del Principe ereditario, Mohammed bin Salman.
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Storici e analisti sottolineano come quella del Porporato cattolico libanese sia la prima visita di un capo religioso cristiano dai tempi del Profeta. Una visita che segue il decennale esile filo conduttore dell’altrettanto storico incontro nel 2007 in Vaticano fra il Sovrano saudita Abdullahd e Papa Benedetto XVI°.
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Il secondo spiraglio è costituito dalla visita dal 27 novembre al 2 dicembre di Papa Francesco in Myanmar e Bangladesh. La chiave di volta potrebbe essere rappresentata dal probabile tradizionale messaggio diplomatico che durante il volo il Pontefice rivolgerebbe al leader cinese Xi Jinping e al popolo cinese. Al precedente telegramma protocollare inviato dal Papa a Pechino durante la recente visita a Seul, il ministero degli esteri cinesi rispose con una dichiarazione di disponibilità a stabilire un dialogo costruttivo col Vaticano.
“Verrò presto in Cina a restituire la vostra graditissima visita”: a Roma riecheggiano ancora le parole rivolte l’11 ottobre da Francesco nell’udienza ai 30 religiosi della Congregatio Discipulorum Domini, il primo istituto religioso cinese fondato dal cardinale Celso Costantini nella terra di Confucio.
Un altro significativo indizio sulle trattative in corso è l’articolo di Padre Joseph You Guo Jiang, autorevole membro della comunità gesuita cinese, apparso recentemente su La Civiltà Cattolica. Il nodo che si sta tentando di trasformare in compromesso è quello della nomina dei Vescovi.
Anche se limitato ad una sola giornata, il viaggio del Cardinale Béchara Boutros Raï in Arabia Saudita conferma il nuovo corso dei cambiamenti avviati nel Regno ultraconservatore dell’ortodossia musulmana.
Volute con forza dal principe ereditario, nel contesto del programma Vision 2030, le riforme investono l’ambito sociale, economico, cultura e religioso e stanno cambiando il volto dell’Arabia Saudita. In passato il porporato aveva già effettuato un viaggio ufficiale in Qatar. Il Libano conferma così il ruolo di porta verso il mondo arabo.
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In Arabia Saudita ai sacerdoti cattolici è negato l’ingresso nel paese e non esiste una giurisdizione territoriale della Chiesa cattolica: il territorio del Paese è compreso nel vicariato apostolico dell’Arabia settentrionale, con sede a Madinat al-Kuwait.
Nonostante le altre religioni siano proibite e gli altri culti siano punito con la pena di morte, in Arabia Saudita esiste comunque una consistente comunità cattolica di circa 1,4 lavoratori immigrati, in prevalenza cattolici filippini.
Arabia Saudita e Cina sembrano davvero inespugnabili, ma istintivamente Papa Francesco deve aver fatto proprio il proverbio arabo che dice: “Non arrenderti. Rischieresti di farlo un’ora prima del miracolo! “