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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Antonino Cangemi
I grandi romanzi figliano altri romanzi. Così per il “Candido” di Voltaire, dal quale hanno tratto spunto tantissime prove narrative, così per “Le avventure di Pinocchio” di Collodi, rivisitate tra gli altri da Malerba con “Pinocchio con gli stivali” e da Manganelli con “Pinocchio: un libro parallelo”, senza contare il divertente tautogramma di Eco “Povero Pinocchio” (testi tutti trasgressivi al pari dell’originale).
L’ultimo romanzo ispirato dal capolavoro di Collodi è “Mastro Geppetto” di Fabio Stassi, di recente edito da Sellerio.
Non stupisce che Fabio Stassi, uno dei più originali e bravi scrittori italiani, abbia scritto un romanzo legato a Pinocchio: non è la prima volta che la sua fantasia è stimolata da opere letterarie. Questo romanzo però è di un’intensità emotiva e di una nitidezza estetica straordinarie: rivela, ancor più delle sue precedenti prove (già apprezzabilissime), genuino talento e superba padronanza espressiva.
In “Mastro Geppetto” la favola di Collodi è capovolta. La storia è vista dagli occhi del padre invece che del figlio. Il protagonista è Geppetto e non Pinocchio. Lo spirito beffardo del romanzo è però lo stesso, o almeno simile. La differenza tra il romanzo padre e il romanzo figlio è che quest’ultimo, scritto 140 anni dopo, può permettersi con maggiore disinvoltura acidule spigolature e un finale meno conciliante ed edulcorato, che lo rende più appetibile agli adulti che ai ragazzi.

Il Geppetto di Stassi è un povero cristo vecchio e solo, testardo nella sua dabbenaggine come tutti i “matti”, come tutti i clown felliniani (non mancano nel romanzo i riferimenti circensi), quelli che ci fanno sghignazzare ma che reclamano, se solo ce ne accorgessimo, almeno un sorriso buono e una pacca sulla spalla. E’ povero che più povero non si può, come la creatura di Collodi, ma è anche deriso e schernito dai suoi paesani, dalla gente “normale”. Uno scherzo giocatogli da Mastr’Antonio (alter ego di Mastro Ciliegia), che così si libera di un tronco refrattario a ogni levigatura, gli accende un desiderio che è la sua chance di riscatto. E’ il desiderio della paternità, da soddisfare grazie a un pezzo di legno e senza la mediazione di una donna (di donne non ne ha mai avute, il protagonista del romanzo di Stasi, né tanto meno ne potrà avere avanti com’è negli anni).
Come qualcuno ha osservato – secondo una delle sue tante chiavi di lettura – nel romanzo di Collodi, il Geppetto di Stassi ha tratti comuni col falegname Giuseppe e la storia evangelica è appena sfiorata con spirito laico ma senza trasgressione e con rispetto. Attorno a Mastro Geppetto un’umanità arida e meschina, egoista e sorda ai richiami della solidarietà. E’ un presepe disadorno e scarno, spoglio di afflati umani il contesto in cui la storia si dipana. La favola amara di Stassi s’intreccia e si confonde con quella di Pinocchio: vi compaiono personaggi che assomigliano a quelli di Collodi o che, seppure diversi, li richiamano, spariscono gli animali come pure gli effetti magici, i cattivi sono più cattivi e Geppetto a volte s’imbatte nelle stesse disavventure di Pinocchio.
La scrittura di Stassi ondeggia tra la prosa, non priva di espressioni mutuate dalla lingua della quotidianità, e la poesia, che trova luce in un frasario rarefatto e sapientemente elaborato ancorché non di ostile lettura.
“Mastro Geppetto” di Stassi è un libro da leggere e da regalare in un Natale alieno ai buonismi e alla retorica, ma che implora riscatti di umanità. Già, perché se per Croce “il legno in cui è tagliato Pinocchio è l’umanità”, lo stesso vale per il legno con cui il Geppetto di Stassi rivendica il diritto alla felicità.
