Ottanta anni da Prodi. Due volte Presidente del Consiglio, ex Presidente della Commissione Europea e dell’Iri, Ministro dell’Industria, rappresentante Onu per l’Africa, accademico, economista, saggista, editorialista, Romano Prodi è uno dei pochi statisti che vanta il singolare primato di una biografia su Wikipedia più lunga del numero dei suoi anni: 91 pagine.
Una biografia in progress, perché l’allievo di Beneamino Andreatta e fondatore di Ulivo e Pd, è sempre in prima linea. Tanto che dopo aver sfiorato il Quirinale è considerato fra i candidati alla nomina a Senatore a vita.
Una continuità di impegno politico che tuttavia, come non si stanca di specificare lo stesso Prodi, non prefigura un possibile ritorno sulla scena partitica, pur nel momento di enorme difficoltà per il centrosinistra. “Il mio mestiere è fare il predicatore – ribadisce infatti il Professore – incidere sulla vita politica è compito dei protagonisti: uno sta o dentro o fuori, non si sta sull’uscio”. Analisi che presuppone l’esigenza di serenità e saggezza per uscire dall’attuale marasma politico. “Saggezza – ha spiegato in una recente intervista l’ex Premier – vuol dire coerenza e un messaggio che viene capito, rapporti umani normali. Invece oggi c’è sempre qualche dichiarazione, qualche insulto. Qui bisogna stare alla scrivania e lavorare, fare i conti, non è con l’esasperazione che si risolvono i problemi”.
Del ruolo di Prodi e dei prodiani si è tornato a parlare in occasione delle roventi polemiche e dei j’accuse ad Alessandro Gozi nominato dal governo francese consigliere per i rapporti con l’Europa.
Gozi fa parte della cerchia ristretta degli esponenti politici vicini al Professore, assieme agli ex parlamentari Alessandra Zampa, Arturo Parisi, Giulio Santagata e Stefano Manservisi, capo di gabinetto dell’allora Presidente della Commissione europea e da ultimo del Commissario uscente Federica Mogherini.
Un gruppo di fedelissimi ancora compatto che ha appoggiato l’elezione di Nicola Zingaretti alla segreteria del Pd, in aperta polemica con Matteo Renzi, accusato dai prodiani di essere il mandante della clamorosa imboscata dei 101 parlamentari franchi tiratori del partito democratico che il 19 aprile del 2013 impedirono l’elezione di Romano Prodi alla Presidenza della Repubblica.
Il tempo nei confronti di Prodi si sta dimostrando galantuomo anche in relazione alle due dimissioni a metà mandato dei governi dai lui presieduti, fra il 1996 e il 1998 e dal 2006 al 2008.
Dimissioni provocate dalle lacerazioni della sinistra e che, oltre al progressivo avvitamento del Pd, sono all’origine dell’attuale profonda crisi complessiva del sistema politico del Paese.
Sulla bilancia della storia dell’Italia repubblicana, gli 80 anni di Prodi lasciano un peso indiscutibilmente positivo che non esclude nuovi sviluppi.
Dalla tesi di laurea sul protezionismo nello sviluppo dell’industria italiana nel 1961, con il prof. Siro Lombardini, alla fondazione a cavallo del 1970 della “Scuola italiana di Economia Industriale” assieme a Giacomo Becattini, Franco Momigliano e Paolo Sylos Labini, al saggio “Il piano inclinato” del 2017, nel quale attribuisce alla politica economica un ruolo tuttora decisivo nella correzione degli squilibri che bloccano l’ascensore sociale e frenano lo sviluppo, sotto il ponte di Romano Prodi oltre al know how della leadership, passano ancora le acque che muovono il dibattito e il confronto fra economia e politica, fra capacità e responsabilità di Governo.
Analisi e confronti con bilanci che per Prodi si intrecciano ancora con le prospettive e che, a giudicare dal dibattito che si sta sviluppando sull’80esimo compleanno del Professore, il 9 agosto, lasciano prevedere un avvenire non soltanto rivolto al passato.
I coccodrilli, insomma, avranno ancora molto da attendere.