Sulle critiche e le accuse di clientelismo che sta suscitando l’irrazionale piano regionale della mobilità, varato a poche settimane dalle elezioni dalla Giunta Crocetta, pubblichiano l’intervista rilasciata al Giornale di Sicilia da Marco Ponti uno dei massimi esperti italiani di trasporti.
Passeggeri come pacchi postali. Paradossalmente in Sicilia mobilità e collegamenti non sono conseguenziali, non seguono cioè le esigenze dei passeggeri, i flussi turistici e le logiche economiche. La strategia regionale dei trasporti sembra avviata su un binario morto.
Penalizzati da linee ferroviarie spesso obsolete e a binario unico, i collegamenti interni vengono in gran parte salvati dalle linee di autobus che rappresentano la spina dorsale di un sistema integrato di mobilità che complessivamente, in Italia, vale cinque punti di Pil, circa 80 miliardi.
Eppure l’ultimo piano integrato delle infrastrutture e della mobilità prevede, dal 2019, la fine di tutti i collegamenti pubblici su gomma superiori a 50 chilometri. Una scelta che si commenta da sola e che provocherebbe gravi disagi, anche economici, per i cittadini e la moltiplicazione del traffico di auto e mezzi privati. Ancora più grave è la giustificazione di una simile decisione: privilegiare collegamenti ferroviari ancora tutti realizzare. “L’unica spiegazione é che siamo a ridosso delle elezioni e ci si illude che promettere finanziamenti generi consensi, mentre fare serie analisi può creare sgradite sorprese” evidenzia il prof. Marco Ponti, docente di economia applicata al Politecnico di Milano e unanimemente considerato fra i massimi esperti nazionali di trasporti.

- Perché le ferrovie si stanno lanciando in Sicilia e nel meridione in un programma di potenziamento di tratte non redditizie e tentano in tutti i modi di penalizzare i collegamenti delle autolinee?
“Innanzitutto occorre una precisazione: nessuna linea ferroviaria in Italia è redditizia, nel senso che genera profittinetti, se non forse la Alta Velocità Roma-Milano. Lo Stato versa alle ferrovie sussidi a vario titolo per circa 14 miliardi di Euro l’anno. E questo é di per sé un problema, dato le condizioni delle nostre finanze pubbliche. Quindi parliamo di investimenti che dovrebbero essere almeno funzionali. Ora, una linea a semplice binario ha una capacità massima di 80 treni al giorno, una a doppio binario di 220, una ad alta velocità di 300. Con estrema semplificazione, possiamo dire che non ha alcun senso funzionale una linea con almeno la metà della capacità utilizzata da treni ragionevolmente pieni, si intende. In Sicilia la quantità di merci e passeggeri che potrà generare questi livelli di domanda sembra che possa esistere su pochissime tratte, o forse nessuna. In ogni caso il Ministero di trasporti ha dichiarato che ogni progetto dovrà essere sottoposto ad accurate analisi costi-benefici sociali, inclusivi cioè di risparmi di tempo ed ambientali. Ma per la Sicilia ha stanziato 9 miliardi senza alcuna analisi. Invece l’ostilità ai servizi di autobus, che costano poco o nulla alle casse pubbliche e inquinano pochissimo per passeggero trasportato, non ha spiegazione possibile al mondo”
- Su quali cardini dovrebbe basarsi un piano di trasporti razionale tra la Sicilia e il resto d’Italia?
“Su servizi di trasporto rapidi ed economici, sia per gli utenti che per lo Stato. Per le lunghe distanze passeggeri gli aerei e per le merci i servizi marittimi. Per le brevi distanze il treno, là dove generi una domanda. Poi buoni servizi di autobus su una rete stradale adeguata. Tra l’altro il trasporto stradale, come sta già facendo da alcuni anni, continua a migliorare le proprie caratteristiche ambientali e di sicurezza, e rende un fiume di soldi in tasse allo Stato, invece di costarne.”
- Cosa determinerà al sud l’accorpamento fra Anas e Ferrovie?
“Nulla di rilevante, se non la maggior difficoltà di aprire alla concorrenza alcuni segmenti del sistema dei trasporti. Si vuole un gigante pubblico sussidiato del tipo dell’IRI, che si sa come è finito.”