Ricerca addio
Un’ emorragia dissangua da anni la ricerca italiana. Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico tra il 2011 e il 2016 quasi 11 mila ricercatori hanno lasciato l’Italia per lavorare all’estero. In particolare in negli Stati Uniti, in Germania, Gran Bretagna e Spagna.
Dati Ocse che si aggiungono a quelli dell’ultimo rapporto sugli Italiani nel mondo della Fondazione Migrantes della Cei, secondo i quali nel 2016 si sono trasferiti all’estero 50mila giovani tra i 18 e i 34 anni .
Pur disponendo di infrastrutture di ricerca eccellenti,in nostro Paese non dispone ancora di istituzioni d’eccellenza simili, per esempio, l’associazione tedesca Helmholtz che raggruppa 18 centri di ricerca indipendenti con un budget complessivo di 4,5 miliardi di euro e circa 39 mila dipendenti sempre in crescita.
In Europa esistono inoltre diversi casi nazionali eccellenti di ricerca e innovazione che attraggono risorse e capitale umano dall’estero.
In Germania Helmholtz ripartisce i fondi del ministero della ricerca tedesco ai suoi partner e ne garantisce la valutazione, la qualità della ricerca e un ritorno tangibile in brevetti e in collaborazioni con il settore industriale. Circa due terzi del budget di Helmholtz è di natura pubblica e un terzo proviene da fonti private diretti a finanziare la ricerca in alcuni settori prioritari: energia, ambiente, salute, aereonautica, spazio e trasporti e altre tecnologie chiave.
L’integrazione con le infrastrutture della ricerca e la qualità dell’organizzazione è un fattore di attrattività per la comunità scientifica internazionale.
In Italia, seppure in scala minore sicuramente fa ben sperare il Gran Sasso Science Institute, GSSI, nato nel 2012 come centro di ricerca dell’Istituto nazionale di Fisica Nucleare, collegato ai laboratori del Gran Sasso, dal 2016 università autonoma grazie all’esito positivo del check up da parte dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca.
Nei settori della fisica, matematica, informatica e delle scienze sociali, la qualità scientifica del GSSI è di alto livello e può attrarre ricercatori dall’estero oltre a limitare proprio la ‘fuga dei cervelli’ ovvero i tanti ricercatori italiani costretti a guardare all’estero per proseguire la propria carriera esclusivamente su criteri meritocratici e non politici o attraverso inciuci concorsuali, ed avere opportunità di ricerca e adeguata retribuzione.
Fonte: Agi