“Donna, una sfida che non finisce mai” scriveva Oriana Fallaci. Una sfida anche alla pandemia e alla guerra che stanno materializzando un nuovo 8 marzo al veleno per le donne.
Un otto marzo che al giallo della mimosa aggiunge il blu della bandiera dell’Ucraina, che sventola nel cuore di tutti gli europei e della maggior parte dell’umanità. 
A parte Mosca, Pechino, Kabul, Bombay e New Delhi, Tripoli, il Cairo ed Istambul e poche altre città, non c’è capitale al mondo che oltre a porre al centro di tutto la pace e la salvaguardia del popolo ucraino, non riaffermi con forza anche i diritti delle donne che quotidianamente cercano di affermare la loro dignità, le loro capacità nella famiglia, nel lavoro, nella società.
Fra covid e guerra, é in ogni caso un 8 marzo all’insegna del rispetto della dignità umana e dei diritti. Un otto marzo dal significato ancora più marcato perché include la nuova emergenza della difesa della vita delle donne ucraine, dei loro figli e di un intero popolo aggredito e massacrato da Putin.

Accanto all’auspicio del coinvolgimento delle Nazioni unite per interrompere l’escalation della strage delle donne e del popolo dell’Ucraina, questa giornata rimane il simbolo del compimento del riscatto civile verso le pari opportunità e l’autodeterminazione delle donne.
Rimane il dubbio se avesse ragione Oscar Wilde quando scommetteva che a parità di occasioni le donne possono fare tutto, oppure Groucho Marx quando sosteneva che “gli uomini sono donne che non ce l’hanno fatta.” ?