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Sicilia alla deriva e l’esempio di Piersanti Mattarella 

Pubblichiamo l’articolo scritto per l’edizione palermitana di Repubblica dall’economista ed editorialista Salvatore Butera in occasione dell’anniversario dell’assassinio politico mafioso del Presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella.

A quasi 40 anni dal martirio della mattina del 6 gennaio 1980 in via Libertà, a Palermo, la lezione politica di Piersanti Mattarella è talmente attuale da imporre l’urgenza di ricominciare dal suo esempio.

A differenza della fine degli anni ’70, la Repubblica Italiana interpreta ora pienamente e autenticamente i principi costituzionali ed è in grado di far luce fino in fondo sul terribile contesto degli anni di piombo: dall’omicidio di Aldo Moro all’assassinio del Presidente della Regione Siciliana, che di Moro era l’erede politico.

La verità sugli assassinii  di Aldo Moro e di Piersanti Mattarella è già evidente su uno sfondo storico che attende soltanto di essere illuminato dalla luce della giustizia. Verità sconvolgenti che delineano il contesto di un Paese attraversato, inconsapevolmente o meno, da un sostanziale colpo di Stato, mascherato per Moro da attentato terroristico e per Piersanti Mattarella da delitto mafiosoSicilia alla deriva e l'esempio di Piersanti Mattarella 

By Salvatore Butera

A mano a mano che il tempo passa (nel 2020 saranno quaranta anni) la figura di Piersanti Mattarella giganteggia. Quella figura esce dagli angusti confini siciliani per assumere i contorni di un grande personaggio  nazionale, che ha vissuto una vicenda nazionale, nonostante la Sua ferma volontà di rimanere in Sicilia.

La Sua fine, ancorchè inevitabilmente legata a vicende di mafia,  resta tragicamente ferma a quel 6 gennaio distante appena  diciannove mesi dal 9 maggio 1978 della morte di Aldo Moro, di  cui egli era (possiamo dirlo con certezza) l’erede politico in grado di riprendere le fila del complesso mondo della sinistra democristiana e di riportarla al governo del partito e del Paese.

Sicilia alla deriva e l'esempio di Piersanti Mattarella 
Piersanti Mattarella e Aldo Moro

Oggi quasi quaranta anni dopo quel tragico assassinio il fratello minore di Piersanti, Sergio, siede come tutti sanno sullo scranno più alto della Repubblica,  non certo per un compenso al dolore e alla profonda ferita subita, ma piuttosto in virtù di una carriera politica  iniziata sì quel 6 gennaio, ma poi condotta avanti con merito ed equilibrio.

Quell’equilibrio che tutti gli riconoscono e che lo ha portato così in alto dopo diversi incarichi ministeriali  e di partito, che molti oggi non ricordano o fingono di non ricordare.

Perchè qui emerge una caratteristica direi  fondante del gruppo familiare dei Mattarella e cioè la estrema ritrosia a parlare e a far parlare di sé, ivi compresa la tragedia del 6 gennaio che, lasciatemelo dire, è forse la meno illustrata, ricordata, celebrata  fra le tante  altrettanto  gravi dei terribili anni di piombo di Palermo.

Sicilia alla deriva e l'esempio di Piersanti Mattarella 
Salvatore Butera

E ora in questi ultimi anni e in questo che sta per iniziare  sembra che questo atteggiamento di riserbo, quasi di ritrosia della famiglia tutta di Piersanti stia dando frutti, sarà per effetto  del Quirinale sarà per una obiettiva,tardiva rivalutazione di un episodio della vita del Paese che meritava fin da subito una opinione pubblica più sensibile, un giudizio meno superficiale, uno scavo più  deciso su esecutori e mandanti.

Oggi Piersanti avrebbe 82 anni, a maggio 83 ma questo gioco non vale la candela. Non sappiamo e non sapremo mai quale sarebbero state la sua vita pubblica, quella  privata.

Quella vita si è fermata il 6 gennaio 1980, i suoi figli, cui sono molto affezionato, navigano più verso i sessanta che i cinquanta. Il tempo passato è troppo per tentare una qualunque forma di attualizzazione. Sono finiti la prima repubblica, la democrazia cristiana, la mafia, l’autonomia regionale, la questione meridionale, il meridionalismo. Quelli che invece non sono finiti e che sembrano non  finire mai sono gli stereotipi sulla Sicilia. La Sicilia non è riuscita a far passare il messaggio di alcuni epocali cambiamenti che ne hanno mutato il volto nelle città e nelle campagne e non è quindi riuscita a modificare nel profondo il suo difficile rapporto con lo Stato e con la comunità nazionale.Sicilia alla deriva e l'esempio di Piersanti Mattarella 

Piersanti lo aveva capito e in un discorso  ai giornalisti siciliani a Cefalù aveva affrontato l’argomento, uno dei temi più cari dei suoi ultimi giorni. E  (ormai possiamo raccontarlo anche perché  Longhi è morto la notte di Capodanno) aveva pensato di  richiamare  Albino Longhi in Sicilia per occuparsi in maniera professionale dell’immagine dell’Isola.

Da queste idee da questi progetti, dal discorso a Pertini in visita in Sicilia a novembre, certo il suo testamento spirituale, viene fuori che con Piersanti alla guida c’era il rischio che la Sicilia cambiasse davvero.  Il progetto di  convincere la RAI a barattare il terreno di Viale Strasburgo già acquistato ma che produceva solo mandarini (come Longhi con la sua inarrivabile ironia andava ripetendo) con un terreno assai più ampio alla rotonda di Via Leonardo da Vinci in cui costruire attigui il Centro congressi e la sede della RAI  fu una di quelle idee che battagliando portava avanti con difficili  e lenti passi avanti.

Non erano solo ideali democratici, non era solo fede nella politica vera senza compromessi, non era solo seguire il magistero di Moro. Era la concretezza dei problemi e delle soluzioni, era il lavoro quotidiano senza posa sui temi in cui credeva, era l’impegno generoso e coerente per cambiare questa terra nella quale aveva deciso di restare a lottare nonostante le sirene romane continuassero a cantare per attirarlo in ambiti più vasti e più centrali.

Si sarebbe salvato. E invece in quei lontani giorni di fine anni ’70 noi tutti continuavamo a crederci, a seguirlo, ad ammirarlo. Ha detto bene Luca Orlando in un recente documentario televisivo ove figuravo anch’io con altri: “Noi non ci aspettavamo questo” (si riferisce all’assassinio) confessando ed io con lui una sorta di età dell’innocenza, un’età che Lui aveva superato.

Sono molte le testimonianze che lo descrivono preoccupato e consapevole negli ultimi giorni, la stessa ultima domenica mattina nelle telefonate fatte e ricevute a casa, prima di uscire in via Libertà. Chissà da quanti giorni, forse da mesi, chi lo doveva uccidere aspettava e controllava quello scivolo e quella pizzeria, chissà da quanto tempo il suo destino era segnato e noi non sapevamo niente e non ce lo aspettavamo come bene ha detto Luca. E invece anche lui in definitiva avrebbe potuto dire, come dirà don Puglisi in punto di morte: me lo aspettavo.Sicilia alla deriva e l'esempio di Piersanti Mattarella 

E tornerei sul discorso a Pertini. Era il 9 novembre del 1979. Piersanti aveva meno di un mese di vita.  Eppure in quel testo, che suscitò l’ammirazione e l’amicizia personale di Pertini che lo pianse come un figlio conosciuto troppo tardi, è contenuto tutto il Suo messaggio.

Che dice quel testo? L’autonomia come conquista all’interno del regionalismo come equilibrato esito di una secolare tradizione  storica, il netto rifiuto di ogni forma di sicilianismo (senza masi nominarlo) ed anzi una politica di solidarietà con le altre regioni a  statuto speciale e con quelle del Mezzogiorno, non una lamentela ma il  riconoscimento dignitoso del giusto peso della Sicilia, con tutto il suo bene e tutto il suo male, all’interno della comunità nazionale intesa come situazione irrinunciabile di appartenenza anche ai valori della Resistenza e della Costituzione. Non posso riscriverlo tutto, chi vuole vada a cercarlo nei due volumi pubblicati e ristampati dall’Assemblea regionale.Sicilia alla deriva e l'esempio di Piersanti Mattarella 

Credetemi è un testo fondamentale che resta e che vale ancora per tutti.  Su Piersanti si è fatto anche del buon giornalismo, qualche raccolta volenterosa, la bella biografia di Giovanni Grasso (Paoline). Ora io credo che sia venuto il momento della storia, l’ho detto ai figli lo ripeto pubblicamente qui. C’è uno stuolo di storici cattolici di grande valore. Sceglietene uno e date loro a studiare le, poche o molte che siano, carte di Piersanti.

Egli appartiene già alla storia di questo Paese, occorre trovare chi lo descriva, quando, asciugata ogni lacrima, bisognerà consegnare ai suoi cinque nipoti il suo nobile e cristiano retaggio.

s.butera@hotmail.itSicilia alla deriva e l'esempio di Piersanti Mattarella 

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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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