Cure prevenzione e vie di fuga per azzerare i suicidi
Ogni anno in Italia si tolgono la vita 4.200 persone. Numeri che nel mondo crescono fino superare il milione di vittime. Una ogni 30 secondi. Una agghiacciante strage continua.
E tuttavia le cifre non evidenziano in tutta la sua gravità l’ampiezza del fenomeno. Nessuna statistica rileva infatti che per ogni suicidio ci sono almeno 6 persone che rimangono sconvolte per il resto della loro vita: familiari, amici, colleghi.
Un numero esponenziale di cittadini che si portano dietro un lutto misconosciuto per il quale c’é pochissima sensibilità e che rischia di travolgere anche loro
In Italia il fenomeno dei suicidi é aumentato del 12% negli ultimi anni a causa della crisi economica, che ha avuto un impatto importante soprattutto negli uomini in età lavorativa o appena pensionati, fra i 25 e 69 anni.
L’urgenza – evidenziano gli esperti – rimane sempre quella di riuscire a identificare in anticipo il rischio di suicidio, essere in grado di riconoscere i soggetti in crisi, saperli aiutare e sostenere quanti hanno già perso un caro che si è ucciso.
Il problema – confermano gli psicologi – é la cultura della prevenzione che stenta ad essere acquisita e assorbita dagli ambienti che dovrebbero accogliere i soggetti in crisi.
Il tabù, lo stigma nei confronti del suicidio, impedisce spesso di impadronirsi di concetti chiave e semplici che potrebbero favorire un tempestivo riconoscimento dei sintomi.
Eppure esistono vari segnali di allarme per riconoscere i soggetti in crisi. Nella maggior parte dei casi, le persone lo dicono apertamente. Fanno affermazioni e comunicazioni circa l’intenzione di suicidarsi, ma spesso non vengono ascoltate.
Poi si possono manifestare cambiamenti nelle abitudini del sonno e dell’appetito. Anche l’ansia e l’inquietudine sono indicatori importanti. Inoltre, le persone che hanno un’intenzione suicidaria possono dar via cose care, come se facessero un testamento per disfarsene e affidarle a qualcuno che poi se ne occuperà.
Altri campanelli riguardano i repentini cambiamenti di umore e il passaggio da stati d’angoscia e depressione alla spensieratezza. Come se qualcosa fosse cambiato. In effetti hanno preso la decisione e di conseguenza hanno trovato ciò che li risolleverà dalla sofferenza in cui si trovano.
Tuttavia le persone che si tolgono la vita non vorrebbero mai morire, vorrebbero vivere. Ma non trovano, e spesso neanche cercano, chi può aiutarli a superare il dramma che si svolge nella loro mente.
Un dramma fatto di pensieri, considerazioni e bilanci. Quando vedono che tutte le opzioni tentate per risolvere la sofferenza sono fallite, allora il suicidio si configura come una soluzione.
Il suicidio non é un atto improvviso, spesso c’è tutta una pianificazione e questo offre molti margini di intervento. Non é vero che chi si toglie la vita abbia obbligatoriamente un disturbo psichiatrico. Chiunque soffra con modalità che superano la soglia di sopportazione, di fatto ha bisogno di assistenza ed é purtroppo a rischio se tale assistenza non viene individuata e recepita.
Le richieste di aiuto sono tante. Ogni anno psicologi, psichiatri e assistenti sociali ricevono mediamente oltre mille richieste di visite. A queste si aggiungono almeno altre 3.000 telefonate con sollecitazioni di informazioni o solo dei riferimenti a cui rivolgersi.
Soprattutto chiedono aiuto i survivors, quelle persone che hanno perso un amico o un familiare per suicidio e interpellano gli specialisti per trovare un supporto psicologico. Perché hanno bisogno di sostegni per andare avanti.
La parte nevralgica nella prevenzione dei suicidi in Italia si riscontra nella difficoltà di trovare interlocutori specifici e disponibili.
Il riferimento più immediato sono i Centri di salute mentale e, laddove vi siano, le associazione assistenziali specializzate.
Se sapessimo dedicare anche poco del nostro tempo per prestare attenzione a quei segnali di allarme, potremmo dare la possibilità a chi é in crisi di aprirsi e confidarsi. Potremmo cambiare la sua vita.
Quando si ha la possibilità di relazionarsi rispetto al proprio dolore, ci si sente compresi e si interromperà la pianificazione suicidaria.
Cure farmacologiche? Accanto al litio, che resta il principale agente anti-suicidario, si stanno testando vari farmaci per stabilizzare l’umore e ridurre il rischio di suicidio, indipendentemente da eventuali carenze.
Ma la cura più efficace è sempre la prevenzione, in special modo se avviata fin dai banchi scolastici.
Oltre alle famiglie, é nelle scuole che si annida infatti il disagio originario, provocato dal bullismo e dal cyberbullismo.
Disagio che innesca il vortice dell’emarginazione e della incomunicabilità della lunga sofferenza, spesso anticamera dei suicidi.
Alternative ? Gesualdo Bufalino sosteneva che ”vi sono suicidi invisibili. Si rimane in vita per pura diplomazia, si beve, si mangia, si cammina. Gli altri ci cascano sempre, ma noi sappiamo, con un riso interno, che si sbagliano, che siamo già morti”
Contro indicazioni ? La più profonda risale a Epicuro: “D’animo molto meschino è colui che ha molte ragioni fondate per mettere fine alla sua vita.”