HomePsicologiaIl vortice del lockdown: elaborazione o disperazione?

Il vortice del lockdown: elaborazione o disperazione?

by Maggie S. Lorelli

Il lockdown ha rappresentato per l’umanità un’occasione storica unica per riflettere sulla propria esistenza.Il vortice del lockdown elaborazione o disperazione

Agli albori della Fase 2, in cui ci si riaffaccia più o meno timidamente alla vita sociale con molte inquietudini e poche certezze. Quali sono i primi effetti dell’introspezione indotta dall’isolamento forzato?

Il vortice del lockdown elaborazione o disperazione
Maura Gancitano

Lo abbiamo chiesto alla Maura Gancitano, filosofa, scrittrice e fondatrice della scuola permanente di filosofia e immaginazione.

L’umanità le appare migliorata dopo la lunga pausa di riflessione rappresentata dal lockdown?

All’inizio ero ottimista. La pandemia ci ha fornito, nostro malgrado, una buona occasione per riflettere su noi stessi e su temi più generali come l’impatto dell’intervento umano sull’ambiente, sul lavoro, sulla digitalizzazione, sulla scuola, sulla violenza domestica. Mi sembra però che l’occasione per rovesciare i vecchi paradigmi, almeno in Italia, non sia stata colta. In particolare, ciò che non si è compreso è che l’evento globale richiede che il cambiamento venga attuato collettivamente, con un rinnovato senso di comunità, e non in contrapposizione gli uni con gli altri. Lo spazio della riflessione rischia di trasformarsi in un terreno di scontro che ostacola il cambiamento.Il vortice del lockdown elaborazione o disperazione

Esistono esempi virtuosi che possano indicare la giusta via per una rigenerazione sociale?

Con Tlon (progetto filosofico multidisciplinare di aggregazione sociale e divulgazione culturale fondato da Maura Gangitano e Andrea Colamedici, ndr) siamo in contatto con aziende che, nell’ambito dell’innovazione e della ricerca, si impegnano, in ambiti diversi ma affini, per cambiare le cose, immaginando un mondo virtuoso post-Covid. Penso ad alcune reti di designer che progettano strutture innovative per ospitare concerti, eventi culturali, o anche in funzione del lavoro, o della scuola, nel rispetto delle norme sanitarie e delle nuove esigenze sociali. D’altra parte però ci sono realtà resistenti al cambiamento, anche in ambito istituzionale, che rimangono ancorate ai vecchi modelli. E’ questo il momento per immaginare un mondo futuro più adatto a un essere umano che ha potuto constatare la sua fragilità.

Il vortice del lockdown elaborazione o disperazione
(Foto Ansa)

Nella Fase 2 le persone le appaiono più consapevoli o più sfrontate nel rinnovato approccio alla socialità?

Ho avuto l’impressione che in questi mesi gli italiani si siano dimostrati in prevalenza molto responsabili, e in linea di massima si siano attenuti scrupolosamente alle regole. In questa fase da un lato c’è molto desiderio di tornare alla socialità, dall’altro serpeggia un certo timore. Il rischio è che, trovandosi a convivere in società con persone che non hanno gli stessi valori, il comportamento responsabile di alcuni potrebbe essere vanificato dalle imprudenze di altri. Nel vivere comune, la responsabilità individuale non è sufficiente; è necessario assumersi anche la responsabilità sociale delle proprie azioni.Il vortice del lockdown elaborazione o disperazione

Quali sono i rischi di una riapertura indiscriminata e senza regole chiare?

Il rischio è che si scivoli in un lassismo che può essere pericoloso e potrebbe determinare il ritorno a una situazione di forti restrizioni. Quindi, pur col piacere di riprendere a fare delle cose che per un tempo lungo ci sono state negate, bisogna adattarsi a farle con molta cautela. Il bisogno di socialità dovrebbe spingerci a immaginare un altro modo di incontrarci, più sicuro per noi e per gli altri. Per quanto sia difficile conciliare queste due istanze, è importante sapere che molte energie vengono messe in campo nel mondo nella progettazione di nuovi spazi comuni e nel ripensamento di quelli attuali. Rimane tuttavia importante l’appello alla responsabilità personale, che deve essere però veicolata, da parte delle istituzioni e della stampa, da una comunicazione chiara e univoca, che non sempre c’è stata.Il vortice del lockdown elaborazione o disperazione

Considerato che nella cattività molti istinti sono stati repressi, ne usciremo più socievoli o più aggressivi?

Effettivamente mi sarei aspettata delle manifestazioni di aggressività che per fortuna non ci sono state, almeno a livello pubblico. Di sicuro si percepisce un bisogno di socialità che forse prima si dava per scontato. Compiere attività che di solito vengono considerate normali, come prendere un aperitivo, ora acquista un altro valore. C’è anche il fatto che gli esseri umani, come testimoniano alcuni esperimenti recenti di Daniel Kahneman, tendono a dimenticare molto velocemente alcune esperienze traumatiche. Il rischio è quello di rimuovere troppo in fretta l’esperienza dura dei mesi passati e abbassare la guardia.Il vortice del lockdown elaborazione o disperazione

Tornando alla responsabilità individuale, crede che nell’evoluzione del pensiero occidentale, la sfera razionale proceda di pari passo alla consapevolezza e alla maturità emotiva? Come le sembra che l’umanità abbia affrontato sul piano emotivo lo stress da pandemia?

Non credo affatto le due dimensioni procedano sullo stesso piano. Aggiungerei anche il piano tecnico-scientifico, oggi preponderante. Se guardiamo alle nuove tecnologie, abbiamo a disposizione strumenti potentissimi, ma siamo privi della maturità emotiva per farne un uso consapevole. Da qui da una parte la sfiducia verso il prossimo, per esempio le remore di molti nell’affidare i propri dati personali ai sistemi di tracciamento, dall’altra il fenomeno dell’odio in rete, che dimostra che non è sufficiente affidarsi solo all’etica delle persone.Il vortice del lockdown elaborazione o disperazione

Conseguenze a lungo termine dell’immaturità emotiva nel gestire la pandemia?

Uno dei più gravi effetti a lungo termine sarà quello della malattia mentale. Non conosciamo ancora la portata dell’impatto di ciò che abbiamo vissuto sulle persone che già in precedenza manifestavano disturbi psicologici, o sui giovani, e in generali sulle persone più fragili. La ragione per cui tante persone non hanno avuto gli strumenti per affrontare questo difficile momento è proprio il fatto che l’intelligenza emotiva non ha centralità nella nostra società, che la scuola non la pone al centro della formazione, privilegiando un sistema nozionistico, e che neanche la comunicazione pubblica la consideri un tema primario. Il problema dell’essere umano contemporaneo è proprio questo: procede spedito a livello intellettuale e tecnico-scientifico, mentre il piano emotivo non procede di pari passo, rimanendo spesso indietro.Il vortice del lockdown elaborazione o disperazione

Qual è stato il ruolo dei social media durante il lockdown? Aggregatori sociali o spacciatori di fake news?

Le persone si sono riversate sui social per lenire il bisogno di socialità, diventandone in molti casi addirittura dipendenti. Da qui l’impennata dell’uso di qualsiasi piattaforma sul web. Questo ha generato un moltiplicarsi delle fonti di informazione a cui si è fatto riferimento acriticamente, senza approfondire o riuscire a discernere fra quelle più affidabili e quelle che non lo erano. E anche a volersi affidare solo alla scienza, le molteplici voci interpellate erano spesso discordanti, e ciò ha contribuito a creare confusione. Persino l’Organizzazione mondiale della Sanità ha allertato la popolazione mondiale riguardo ai pericoli dell’infodemia, ovvero la circolazione indiscriminata di una quantità eccessiva di informazioni non vagliate con accuratezza e spesso false.

Il pericolo è quello della manipolazione?

Certamente. L’enorme quantità di informazioni ha generato un senso di sfiducia che ha portato le persone ad affidarsi a volte a teorie completamente strampalate, oppure a teorie basate sulla manipolazione delle pulsioni. Il rischio che qualcuno approfitti di una condizione di maggiore vulnerabilità e sfiducia è alto, inducendo le persone a credere a ciò che si vuole far loro credere.

Facebook Comments
Maggie S. Lorelli
Maggie S. Lorelli
Maggie S. Lorelli, dopo la laurea in Lettere all'Università degli Studi di Torino, si laurea in Pianoforte al Conservatorio “G. Verdi” di Torino e in Didattica della Musica al Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma. Dopo un' esperienza decennale alla Feltrinelli ha collaborato come autrice con Radio 3 Rai e Radio Vaticana e condotto programmi musicali. Ha svolto un tirocinio come giornalista presso l'agenzia di stampa Adnkronos,  scrive per varie riviste musicali specializzate, ha al suo attivo numerosi racconti e “Automi”, il suo romanzo d'esordio. Attualmente è docente di Pianoforte al Liceo musicale.
RELATED ARTICLES

AUTORI

Gianfranco D'Anna
3458 POSTS0 COMMENTS
Gianfranco D'Anna
3458 POSTS0 COMMENTS
Augusto Cavadi
31 POSTS0 COMMENTS
Maggie S. Lorelli
27 POSTS0 COMMENTS
Antonino Cangemi
16 POSTS0 COMMENTS
Adriana Piancastelli
15 POSTS0 COMMENTS
Valeria D'Onofrio
12 POSTS0 COMMENTS
Vincenzo Bajardi
9 POSTS0 COMMENTS
Dino Petralia
4 POSTS0 COMMENTS
Letizia Tomasino
3 POSTS0 COMMENTS
Italo Giannola
1 POSTS0 COMMENTS
Francesca Biancacci
1 POSTS0 COMMENTS
Michela Mercuri
0 POSTS0 COMMENTS
Mauro Indelicato
0 POSTS0 COMMENTS
Leandra D'Antone
0 POSTS0 COMMENTS
Arduino Paniccia
0 POSTS0 COMMENTS