Dopo i magistrati esponenti del Csm Loredana Micciché e Paola Braggion i penalisti Enrico Sanseverino e Francesco Caroleo Grimaldi il costituzionalista Giuseppe Lauricella il Senatore Piero Grasso ed il Presidente della Corte d’Appello di Palermo Matteo Frasca nel dibattito sulle riforme più urgenti ed essenziali per scongiurare lo tsunami che sta per abbattersi sulla Giustizia interviene il Magistrato Teresa Principato
by Teresa Principato*
Il dibattito sugli effetti che il Covid-19 comporta sullo svolgimento della giustizia, involge interessanti risvolti.
Se sino ad ora la paura della pandemia ha comportato la paralisi della giustizia, con l’effetto di provocare il rinvio di tutte le udienze che non fossero “urgenti” ed il blocco delle funzioni amministrative, ad esso si è cercato il rimedio, che dovrà subire diversi cambiamenti per entrare in funzione a pieno ritmo, dell’automazione, nonché del c.d. “lavoro a distanza”, che già consente, quantomeno per il diritto civile, di accorciare in modo sicuro e consistente i tempi della giustizia attraverso una serie di riforme che permettono di dimezzare il lavoro degli operatori.
L’occasione che i tempi morti causati dal “Covid-19” potrebbe innescare è l’auspicabile estensione del metodo alla informatizzazione di tanti atti scritti, che consentano di diminuire tempi ed impegno fisico dei giudici : riforme, queste ultime, chieste da tanto tempo e che ora, sotto l’incalzare del virus, potrebbero trovare realizzazione.
Diversa valutazione deve farsi per il diritto penale, che solo in presenza di alcune attività procedurali ed amministrative (che tuttavia da sole consentirebbero di deflazionare i tempi della giustizia) può ricorrere alla via telematica, essendo irrinunciabili il rapporto personale, il contraddittorio che esigono la presenza delle parti: è questa l’obiettiva difficoltà che ha indotto la magistratura a farsi portavoce di richieste di depenalizzazione e di forme di procedibilità a querela di parte, che, seppure hanno trovato una parziale realizzazione, sono ancora insufficienti a scremare le iscrizioni nel registro dei reati di tante fattispecie penali, di cui il tempo ha fatto giustizia e che riducono ad una fictio l’obbligatorietà dell’azione penale, costringendo i giudici a violare il relativo dettato costituzionale, naturalmente a rischio dei magistrati.
Ritengo ora doveroso, anche a costo di deviare apparentemente dall’oggetto del dibattito, esprimere il mio rammarico ed il mio allarme per il diverso ed imprevedibile effetto di progressiva svalutazione con il quale vengono trattati taluni pregnanti problemi, ritenuti forse di fatto inconsistenti rispetto al baratro in cui la pandemia ci sta precipitando.
Mi riferisco, in particolare, al progressivo svuotamento di una misura che sicuramente tanti effetti positivi ha recato: il regime detentivo speciale di cui al 41 bis dell’ordinamento giudiziario.
Svuotamento già iniziato con la possibilità di concedere permessi premio ai mafiosi in 41 bis.
Ancor più allarmante appare la concessione degli arresti domiciliari da parte del giudice di sorveglianza di Milano a
Francesco Bonura, boss di primo piano del gotha mafioso siciliano, per incompatibilità tra lo stato di detenzione e quello di salute. Si tratta di un personaggio di notevole caratura e carisma, capace di coagulare intorno a sé, con i metodi che conosce da sempre, i consensi che quella parte di cosa nostra ancora alla ricerca di una guida e di un affidabile leader, sta attendendo.
Altrettanto allarmante la scarcerazione da parte del Tribunale di Sorveglianza di Sassari di Pasquale Zagaria, l’imprenditore recluso al 41 bis legato al clan dei Casalesi, fratello del superboss Michele Zagaria.
Le richieste di pene alternative o di scarcerazione dei boss al 41 bis continueranno, essendo questo lo scopo primario dei detenuti , che ha anche influito sul disegno stragista.
Questo più morbido trattamento potrebbe, per una sopravvenuta giurisprudenza legata all’emergenza sanitaria, provocare la scarcerazione di persone come Leoluca Bagarella o Nitto Santapaola, alla cui definitiva detenzione al 41 bis hanno sacrificato la loro vita tanti illustri Colleghi e servitori dello Stato.
Nutro la speranza che l’emergenza “coronavirus” non tocchi il sistema del carcere duro e che ad una pandemia sanitaria non si sostituisca ancora una volta la pandemia mafiosa.
*Magistrato, Sost. Procuratore Direzione Nazionale antimafia e antiterrorismo