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La Franca Fava Spampinato Bosio…. antologia degli eroi dimenticati

L’antologia degli eroi dimenticati dell’antimafia

Da Filadelfio Aparo a  Calogero Zucchetto, memoria e oblio dell’antimafia. Dalla tragica Epifania dell’assassinio del Presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, dal 23 maggio al 19 luglio, fino al 3 settembre, le commosse commemorazioni degli anniversari delle stragi di Capaci, di via D’Amelio e di via Isodoro Carini,  dove viene ucciso il Generale Dalla Chiesa,  riepilogano analisi, riflessioni, denunce e bilanci delle cronache degli anni di piombo di Palermo e della Sicilia.

Cronaca che è diventata la storia della lotta contro mafia. Una storia terribile e in gran parte ancora non scritta. Vicende che iniziano nel 1943, con i retroscena inconfessabili dell’armistizio siglato a Cassibile. Una lotta contro il potere dei padrini che spesso in quegli anni inquinano i poteri dello Stato.

Un’epopea di un’antimafia di popolo e di singoli magistrati, investigatori, giornalisti, sindacalisti, eroi borghesi, che manifesta le prime svolte a cominciare dal 1960 e che culmina col sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Una vera e propria guerra contro cosa nostra che ha registrato moltissime vittime, alcune delle quali poco ricordate o del tutto sconosciute dall’opinione pubblica.

Protagonisti di un impegno civile destinato a rappresentare esempio e termine di paragone per istituzioni, giornalisti, professionisti, imprenditori, cittadini.

Queste in sintesi le storie degli eroi sconosciuti o semidimenticati dell’antimafia:

La Franca Fava Spampinato Bosio…. antologia degli eroi dimenticati

  • Giuseppe La Franca, ucciso nelle campagne di Partinico il 4 gennaio 1997.  “Mite eroe borghese” lo definisce sul sito Legalità e Giustizia un familiare, il magistrato Ignazio De Francisci, in quegli anni sostituto Procuratore a Palermo e attualmente  Procuratore Generale di Bologna.
    ” Giuseppe La Franca venne ucciso perché aveva osato non piegarsi ai voleri della locale famiglia mafiosa”   scrive Ignazio De Francisci, che aggiunge: “Giuseppe La Franca era figlio di Gaspare La Franca, fratello di mia nonna paterna Margherita La Franca sposata De Francisci; era quindi primo cugino di mio padre. Nato a Partinico nel 1924 aveva compiuto studi di giurisprudenza, si era laureato, ma non aveva mai svolto la professione. Era un proprietario terriero, appassionato di campagna e aveva conciliato questa sua passione con l’impiego presso il Banco di Sicilia di Palermo. Ha lavorato per anni nel salone centrale del Banco in via Ruggero Settimo, conosciuto e apprezzato da tutti per la sua disponibilità e cortesia. Aveva sempre abitato a Partinico, viaggiando ogni giorno verso Palermo a bordo della “Littorina” prima e di treni più moderni, ma meno fascinosi, dopo. Era infatti legatissimo ai suoi genitori che ebbero lunga vita. Ebbe una lunga storia d’amore, coronata col matrimonio, con una vedova, madre di tre figli, che egli crebbe come suoi. Una vita assolutamente normale, divisa tra campagna e città, forse faticosa per quel andare e venire da Palermo, interrotto solo con la raggiunta pensione. Fu la passione per la campagna a decretarne la fine. Difese strenuamente le sue proprietà e la sua libertà di coltivarle e frequentarle a fronte della protervia della famiglia mafiosa di Partinico, guidata dai Vitale, che frequentavano le stesse zone e avevano mire sui possedimenti di Giuseppe. Una fredda mattina di gennaio venne assassinato con alcuni colpi di pistola. Mi recai sul posto e vidi il suo corpo adagiato sul ciglio della strada provinciale, il viso appoggiato sulla fanghiglia causata dalle ingenti piogge del tempo. Faceva un gran freddo, pioggia e vento, ancora me lo ricordo. Io ero in Procura, all’epoca, e mi occupavo di mafia. Sin dall’inizio ebbi la sensazione che il fatto fosse sottovalutato da tutti e le indagini ne risentirono. Non voglio fare polemiche adesso, a Giuseppe non piacerebbero, rispettoso sempre delle Istituzioni e delle leggi. So solo che i parenti faticarono molto a ottenere la certificazione di vittime della mafia; per anni il povero Giuseppe fu un morto di serie B. Non ha avuto giustizia dagli uomini, nessuno è stato condannato per quel crimine, ma certamente siede tra i Giusti in Paradiso, lui che aveva anche studiato in Seminario ed era profondamente cattolico.
    Queste righe le ho scritte per dire che la lotta alla mafia non è un cammino facile, non è un ballo di gala. Ci sono anche le sconfitte, e bruciano tutte, questa in modo particolare. E’ per questo che voglio ricordare Giuseppe La Franca, mite eroe borghese, ucciso perché non ha voluto abbassare la testa.”
  • Beppe Alfano giornalista protagonista delle cronache televisive di due emitenti televisive locali  e corrispondente da Barcellona Pozzo di Gotto venne assassinato  a colpi di pistola in auto vicino casa,la notte dell’8 gennaio 1992. Stava completando varie inchieste che svelavano affari e collusioni mafiose e gli abusi delle amministrazioni pubbliche.

antologia degli eroi dimenticati dell’antimafia

  • Giovanni Spampinato  Giornalista corrispondente da Ragusa de L’Ora di Palermo e dell’Unità. Era  riuscito a documentare i rapporti allora davvero sconosciuti e inediti fra la mafia ed esponenti di primo piano del fascismo nazionale e internazionale. Personaggi legati a Junio Valerio Borghese e a Stefano delle Chiaie, rispettivamente protagonista del tentato golpe del 1970 e fautore della strategia della tensione. Venne assassinato con diversi colpi sparati da due pistole il 27 ottobre 1972. A confessare di essere l’autore del delitto fu Roberto Campria figlio dell’allora Presidente del Tribunale di Ragusa. Ma le circostanze e il contesto dell’omicidio di Giovanni Spampinato presentano inquietanti punti oscuri, mai chiariti
  • Gaetano Cappiello agente della Squadra Mobile di Palermo medaglia d’Argento al valor civile alla memoria. Venne ucciso mentre stava arrestando gli esponenti mafiosi che tentavano di estorcere il “pizzo” a un imprenditore.
  • Giuseppe Russo Colonnello dei Carabinieri, stretto collaboratore di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Da Comandante del nucleo investigativo di Palermo aveva delineato l’organigramma delle cosche mafiose. Mentre si occupava del giallo della morte del Presidente dell’Eni, Enrico Mattei, il 20 agosto del 1977 , nella piazza del borgo montano di Ficuzza, venne colpito a morte assieme all’amico insegnante Filippo Costa dai corleonesi allora emergenti di Riina e Provenzano.
  • Peppino Impastato Giornalista, fondatore di Radio Out la radio antimafia di Cinisi in prima fila contro il clan Badalamenti e nella denuncia degli appalti dell’aeroporto di Punta Raisi e gli intrecci con la politica. Per sopprimerlo, l’8 maggio del 1978,  la cosca capeggiata dal capomafia del paese Gaetano Badalamenti inscenò un falso attentato (una sorta di bis dell’uccisione di Feltrinelli) e approfittò della simultaneità dell’uccisione a Roma del Presidente della Dc Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Impastato ha  lasciato una profonda eredità morale e un esempio di impegno civile e politico che viene perpetuato dal Centro di documentazione antimafia che porta il suo nome.
  • Filadelfio Aparo vice Brigadiere di Polizia. Investigatore dotato di grande intuizione e  specializzato nella caccia ai latitanti, venne assassinato l’11 gennaio 1979 dai sicari della cosca del villaggio Ruffini di  Palermo

    antologia degli eroi dimenticati dell’antimafia
    Mario Francese
  • Mario Francese Giornalista di razza, cronista giudiziario del Giornale di Sicilia aveva smascherato l’enorme giro di tangenti e il gran numero di omicidi mafiosi che si celavano dietro la costruzione della diga Garcia. Con anni d’anticipo aveva descritto e denunciato come le famiglie mafiose palermitane stavano per essere spazzate via dagli allora ancora sconosciuti Salvatore Riina e Bernardo Provenzano, luogotenenti dello storico padrino di Corleone Luciano Liggio. La sera del 26 gennaio 1979 venne freddato alle spalle sotto casa a Palermo dal cognato killer di Riina Leoluca Bagarella

    Boris Giuliano
  • Boris Giuliano Capo della Squadra Mobile di Palermo, medaglia d’oro al valor civile alla memoria. Primo poliziotto a specializzarsi all’Accademia del Federal Bureau of Investigation in Virginia, fu il precursore della stretta collaborazione con gli investigatori americani dell’Fbi e della Dea, delle indagini sui conti bancari e dell’attenzione a non alterare la scena di un crimine per non cancellare tracce e prove. Dopo il sequestro all’aeroporto di Punta Raisi di una valigia proveniente dagli Usa con mezzo milione di dollari, intuì che la Sicilia era diventata la base e il terminale del traffico di droga e del riciclaggio di narcodollari. Indagini che successivamente portarono alla scoperta della “pizza connection” e dell’individuazione fra Palermo e Trapani di diverse raffineria di eroina. Come Mario Francese, Boris Giuliano venne ucciso da Leoluca Bagarella che il 21 luglio del 1979 gli sparò alle spalle mentre  prendeva il caffè nel bar sotto casa.

    Cesare Terranova
  • Cesare Terranova  Capo dell’ Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo. Era Pubblico Ministero  al processo contro Luciano Liggio e la cosca di Corleone tenutosi nel 1969 a Bari. Parlamentare della Sinistra Indipendente dal 1972 al 1979, come componente della Commissione antimafia aveva redatto la relazione di minoranza nella quale gli esponenti democristiani Giovanni Gioia, Vito Ciancimino, Salvo Lima venivano pesantemente accusati di avere rapporti con la mafia. Era appena rientrato in magistratura come consigliere di Corte d‘Appello quando la mattina del 25 settembre 1979 venne ucciso in macchina assieme al Maresciallo Lenin Mancuso.
  • Emanuele Basile Capitano comandante della Compagnia dei carabinieri di Monreale, medaglia d’oro al valor civile alla memoria. Collaboratore di Paolo Borsellino indagava sulle cosche mafiose del cosiddetto Parco di Villaciambra. Indagini che ripercorrevano in parte  la stessa pista seguita da Boris Giuliano sui traffici di eroina delle cosche palermitane di Corso dei Mille, a Palermo. La sera del 3 maggio 1980 il Capitano Basile venne colpito a morte alle spalle. mentre con la figlia di 4 anni in braccio seguiva accanto alla moglie la festa del Santo patrono fra la folla della piazza di Monreale.

    Ninni Cassarà Roberto Antiochia Gaetano Costa
  • Gaetano Costa Procuratore della Repubblica di Palermo. Ex partigiano e magistrato estraneo agli ambienti palermitani, avviò inedite inchieste sulle contiguità politiche e finanziarie delle cosche mafiosa e sulle loro complicità politico-amministrative per l’assegnazione degli appalti pubblici. Superò le perplessità di alcuni  Pm del suo ufficio firmando personalmente una raffica di arresti riguardanti il clan Inzerillo-Gambino-Spatola. Indagini che poi ebbero sviluppi clamorosi e portarono all’individuazione dei rapporti fra la mafia siculo americana e il bancarottiere Michele Sindona. Fu assassinato il 6 agosto 1980 mentre sfogliava dei libri su una bancarella in via Cavour a Palermo.
  • Vito Ievolella Maresciallo del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Palermo. Memoria storica e segugio investigativo di prim’ordine. Un impegno evidenziato  da 7 encomi solenni e da 27 apprezzamenti del Comandante generale dell’Arma. Aveva scoperto che la mafia aveva utilizzava i canali del contrabbando di sigarette anche per il traffico di droga. Venne assassinato il 10 settembre del 1981 mentre era in auto con la moglie.
  • Sebastiano Bosio Cardiologo e chirurgo vascolare di esperienza internazionale. Non allineato col sistema di potere politico mafioso che condizionava la sanità, rifiutò di curare i sicari  feriti in  un conflitto a fuoco con gli investigatori. Venne assassinato il 6 novembre 1981, ma le indagini sul delitto per oltre un decennio imboccarono le piste più diverse. Fino a quando, grazie all’apporto di nuove tecniche, dalla perizia balistica sulle pallottole non emerse che a sparargli era stato il superkiller Mario Prestifilippo, coadiuvato  dal boss  Nino Madonia.
  • Alfredo Agosta Maresciallo maggiore aiutante presso il comando Provinciale dei Carabinieri di Catania, medaglia d’oro al valor civile alla memoria. Ucciso il 18 marzo del 1982 mentre affrontava due pericolosi esponenti della mafia etnea che avevano ucciso un pregiudicato
  • Paolo Giaccone Direttore dell’Istituto di medicina legale e perito della Procura di Palermo. Molto stimato e impegnato nella società civile, nonostante le pesanti minacce rivoltegli da un avvocato, si rifiutò di alterare le perizie dattiloscopiche che identificavano uno dei killer autori della strage con 4 vittime compiuta a Bagheria. L’11 agosto del 1982 venne assassinato nei viali del Policlinico di Palermo.
  • Calogero Zucchetto agente della Squadra Mobile di Palermo e stretto collaboratore del dirigente Ninni Cassarà, col quale partecipò alla stesura del famoso rapporto “ Michele Greco più 161”  che ricostruiva cause e  moventi della guerra di mafia appena iniziata. Riconosciuto mentre con uno scooter, nelle campagne di Ciaculli, era sulle tracce dei superlatitanti Salvatore Montalto, Pino Greco e Mario Prestifilippo, venne eliminato il 14 novembre 1982 nei pressi di un cinema.

    Gian Giacomo Ciaccio Montalto
  • Gian Giacomo Ciaccio Montalto Magistrato della Procura di Trapani. Avviò le prime indagini patrimoniali nel trapanese ricostruendo il percorso del riciclaggio di narcodollari nelle banche. Aveva scoperto gli intrecci fra mafia  politica e massoneria nella provincia considerata lo zoccolo duro di cosa nostra. Tre settimane prima di essere assassinato, a Valderice il 25 gennaio del 1983, Ciaccio Montalto era andato a Trento per incontrare il giudice Carlo Palermo per uno scambio di informazioni sui traffici internazionali di droga e armi. Trasferitosi alla procura di Trapani il giudice Palermo scampò il 2 aprile dell’85 all’eplosione di un’auto bomba, a Pizzolungo, che doveva ucciderlo. Nell’attentato morirono Barbara Rizzo Asta e i suoi due gemelli di 6 anni. Durante la deflagrazione la loro auto aveva fatto da scudo alla blindata del magistrato
  • Mario D’Aleo Capitano dei Carabinieri medaglia d’Oro al valor civile alla memoria. Subentrato al Capitano Basile al Comando della Compagnia di Monreale aveva ripreso e approfondito, operando numerosi arresti e sequestri di beni, le indagini sugli omicidi e gli ingenti interessi delle cosche mafiose di San Giuseppe Jato, Monreale e Altofonte. Il 13 Giugno 1983 a Palermo venne sorpreso in un agguato in via Scobar ed assassinato assieme all’appuntato Giuseppe Bommarito e al  carabiniere Pietro Morici.

    Rocco Chinnici
  • Rocco Chinnici Consigliere dell’Ufficio istruzione, medaglia d’Oro al valore civile alla memoria. Nel palazzo di Giustizia della Palermo del 1980, assieme al Procuratore Gaetano Costa era il propulsore delle più scottanti e incisive inchieste antimafia. Ebbe l’idea di creare un nucleo operativo di magistrati, che poi prese il nome di pool antimafia, in maniera da non disperdere l’esperienza e le risultanze investigative. Incoraggiò gli accertamenti finanziari e le indagini avviate dall’allora giovane giudice Giovanni Falcone, appena trasferito da Trapano all’ufficio istruzione di Palermo, e avviò la prima inchiesta sui rapporti mafia-politica finanza. Inchiesta che aveva fra i principali imputati i cugini Nino e Ignazio Salvo, i “signori” fino a quel momento intoccabili delle esattorie private. Per eliminare Rocco Chinnici la mafia si servì dell’effetto sorpresa della prima auto bomba in stile “libanese” mai usata in Sicilia, eccezion fatta per le Giuliette al tritolo  degli anni ’60  destinate a uccidere altri capimafia. L’auto imbottita di tritolo venne fatta esplodere in via Giuseppe Pipitone Federico il 29 luglio 1983,  all’uscita del magistrato da casa. Assieme a Chinnici vennero uccisi il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartorotta e il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi.
  • Pippo Fava giornalista e scrittore. Fondatore e Direttore del mensile antimafia “I Siciliani” mise a nudo le collusioni fra le cosche mafiose della Sicilia orientale, i vertici imprenditoriali e alcuni politici catanesi.  Una settimana prima di essere ucciso, il 5 gennaio del 1984, davanti all’ingresso del teatro Stabile di Catania,  rilasciò un’intervista su Rai Uno ad Enzo Biagi: “ Mi rendo conto – denunciò testualmente Pippo Fava – che c’è un’enorme confusione sul problema della mafia. I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono Ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione”
  • Pietro Patti ingegnere, titolare di una industria alimentare. Il 27 febbraio 1985  venne freddato in auto davanti alla quattro figlie per essersi rifiutato di pagare il pizzo.
  • Beppe Montana dirigente della sezione catturandi della Squadra Mobile di Palermo. Cacciatore di latitanti. Di rilievo fra gli altri l’arresto del chimico delle cosche Francesco Marino Mannoia, poi pentitosi. Era sulle tracce di Michele Greco, il cosiddetto papa della mafia e soprattutto dei supericercati Pino Greco, Montalto e Prestifilippo, ritenuti gli assassini di Zucchetto. Lo uccidono al rientro da una gita in motoscafo a Santa Flavia il 28 luglio 1988
  • Ninni Cassarà Vice Questore, medaglia d’Oro al valore civile alla memoria. Mente investigativa delle inchieste su cosa nostra era il braccio destro di Giovanni Falcone e del pool di magistrati  antimafia. Brillante, preparato, destinato ai vertici della Polizia. Dai Salvo a Ciancimino, da Buscetta ai corleonsi, dalle raffinerie di eroina ai narcos colombiani, dai canali del riciclaggio al maxi processo: Ninni Cassarà aveva decrittato con anni d’anticipo intrecci e sviluppi della lotta contro cosa nostra. Cominciò a morire quando gli uccisero i colleghi e amici Beppe Montana e Calogero Zucchetto. Per assassinare quello che era diventato il nemico numero uno della mafia, ancor prima e allora ancor più di Falcone, le cosche si coalizzarono e organizzano un commandos di almeno 15 killer. Lo aspettarono per giorni e giorni appostati di fronte all’abitazione del dirigente e lo massacrarono a colpi di kalashinikov, assieme all’agente Roberto Antiochia,  mentre usciva dall’auto blindata il 6 agosto 1985

    Antonini Saetta
  • Antonino Saetta Presidente di sezione della Corte d’Assise d’Appello di Palermo. Magistrato schivo, riservato, con una vasta esperienza di requirente e giudicante. Il 25 settembre 1988 , pochi giorni dopo il  deposito della motivazione della sentenza che confermava la condanna all’ergastolo per gli assassini del Capitano Basile, i boss Bonanno, Madonia e Puccio, venne assassinato assieme al figlio Stefano lungo la strada  Agrigento- Caltanissetta
  • Mauro Rostagno  sociologo, fra i fondatori di Lotta Continua e della comunità Saman per il recupero dei tossicodipendenti. Giornalista impegnato in prima linea scopri gli intrecci fra cosche trapanesi, logge massoniche ed esponenti dei servizi segreti. Venne ucciso il 26 settembre del 1988 dai sicari dei boss Vincenzo Virga e Vito Mazzara, condannati all’ergastolo. Un delitto che nasconde ancora retroscena e moventi da scoprire, riguardanti il ruolo finanziario di cosa nostra in provincia di Trapani.

    antologia degli eroi sconosciuti dell'antimafia Mauro Rostagno
    Mauro Rostagno
  • Antonino Agostino agente del Commissariato di Polizia nella borgata palermitana di San Lorenzo e collaboratore del servizio segreto civile avrebbe sventato, assieme al collega Emanuele Piazza, l’attentato organizzato contro Giovanni Falcone con una borsa esplosiva posta il 21 giugno del 1989  sugli scogli del litorale di Mondello. Venne assassinato il 5 agosto 1989 assieme alla moglie Ida Castelluccio.
  • Emanuele Piazza  ausiliaro di Polizia e successivamente agente del servizio segreto civile per la caccia ai latitanti. Tradito da qualcuno, nel marzo del 1990 venne strangolato dai mafiosi e il suo corpo fatto sparire.
  • Giovanni Bonsignore Dirigente  dell’assessorato della cooperazione della Regione Siciliana. Aveva bocciato perché illegittimi i finanziamenti per la creazione di un consorzio agroalimentare e per la cooperativa “Il Gattopardo” di Palma di Montechiaro. Venne assassinato sotto casa a Palermo la mattina del 9 maggio 1990 mentre usciva per recarsi in ufficio.
  • Libero Grassi Imprenditore tessile medaglia d’oro al valor civile alla memoria. Venne assassinato il 21 agosto del 1991 per essersi pubblicamente rifiutato di pagare il pizzo al racket delle estorsioni gestito dalla cosca mafiosa dei Madonia e per aver denunciato l’omertà dei colleghi imprenditori che accettavano di sottostare al ricatto delle cosche.
  • Filippo Basile Capo del personale dell’assessorato agricoltura della Regione Siciliana. Aveva istruito la pratica di licenziamento del funzionario dello stesso assessorato Velio Sprio, accusato di associazione mafiosa e condannato per truffa. Sprio ingaggiò un sicario, Ignazio Giliberti, pentitosi dopo l’arresto, e  il 5 luglio del 1999 fece platealmente assassinare Basile nel parcheggio dell’ufficio. Un delitto mafioso collegato a quello dell’altro dirigente regionale  Giovanni Bonsignore, perchè Sprio era organico alle cosche agrigentine degli Allegri e dei Ribisi, destinatari dei finanziamenti bocciati anni prima da Bonsignore.
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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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